lunedì 21 dicembre 2020

La Rai di destra

Questa mattina merita particolare attenzione l’intervista che il consigliere Rai Giampaolo Rossi (in quota a FdI) ha concesso a La Verità con la firma di Antonio Di Francesco. Leggiamo alcuni passaggi: “Consigliere Rossi, di fronte alla crisi della tv pubblica, c'è chi chiede un cambio di passo. Da realizzare subito, addirittura con un nuovo Cda. «La Tv pubblica non è in crisi: nonostante l'emergenza Covid, mantiene conti sostenibili. Sono mesi che assistiamo al totonomine dell'amministratore delegato, alla lotteria dei candidati che potrebbero sostituire Fabrizio Salini. Questo meccanismo interessa solo i grandi esperti di "Raiologia". Una parte della politica alimenta questi temi per utilizzarli come merce di scambio». Nessun cambio all'orizzonte, quindi? «Non lo ritengo realistico. In un momento come questo, nessuno, dotato di senno, si sognerebbe di aprire una crisi in un'azienda come la Rai, a 6 mesi dalla scadenza del Cda». La proroga dei vertici è stata già scongiurata dal Ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri. Eppure, potrebbe non essere scontata. «In questa contingenza critica, mi auguro che questo consiglio possa arrivare a fine mandato e poi governo e parlamento decideranno cosa fare. Più che polemizzare sull'ad, »”. Prosegue “«Il servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale è strettamente connesso alla sua funzione di garante del pluralismo e dovunque è legato all'identità della propria nazione. Nell'epoca della globalizzazione digitale, quale dovrebbe essere il suo ruolo? In Francia e in Gran Bretagna si sono sviluppati dibattiti che hanno portato a riforme. In Italia, la discussione si limita a come cambiare la governance della Rai»”. Per quanto riguarda poi la piattaforma della cultura Rossi sostiene: “Come si spiega la mancata partecipazione della Rai alla «Netflix della cultura», fortemente sponsorizzata da Dario Franceschini? «Per come era stato costruito il progetto non c'erano le condizioni per partecipare. Chi punta sulla valorizzazione della cultura italiana non può non considerare la Rai come elemento centrale di qualsiasi progetto. Al Ministero hanno pensato alla Rai come un soggetto accessorio, tanto che l'interlocuzione è avvenuta solo con Cassa Depositi e Prestiti, quindi su un piano puramente tecnico e non editoriale. In più c'erano una serie di questioni relative ai tempi imposti che hanno fatto sì che la Rai avesse difficoltà a intervenire»”. Infine, per quanto riguarda i conti in rosso: “Tra minori introiti di pubblicità e canoni, a causa del Covid, a bilancio avremo 150 milioni di euro in meno rispetto al flusso preventivato. Quelli dell'extra gettito non sono un regalo, ma soldi della Rai che siamo riusciti a farci restituire. Dal 2016 i diversi governi hanno utilizzato parte dei soldi del canone (che è il più basso in Europa) per altri scopi, creando a mio avviso un meccanismo di illegittimità. Nessun consiglio di amministrazione precedente al nostro ha mai ottenuto questo risultato: i consiglieri che si sono insediati prima di noi non avevano mai neanche posto il problema»”.

C’è molto da riflettere. Anzitutto il ruolo del consigliere in questo passaggio politico che attraversa il Governo e, giù pe li rami, la Rai. Rossi dicono avere un "peso specifico" all’interno del Cda ben superiore agli altri e che sia bene ascoltato dall’AD. In questo periodo, è la sola voce fuori dal coro significativa. Tutti gli altri tacciono, in attesa di risposte e chiarimenti da parte di Salini. Nella prima dichiarazione a proposito del “cambio di passo” usa concetti chiari: questo Cda rimane in carica fino a fine mandato e non è detto che non possa essere prorogato. Ragionevolmente, rimette la palla in campo del Governo e del Parlamento che poi decideranno. Ma intanto, appunto come ha sostenuto Gualtieri, si rimane fino a scadenza. Rossi non sembra volersi schierare con il “complotto del 28” o meglio dire lo “swap” Salini/Matassino. Lui e il suo partito hanno tutto l’interesse possibile a lasciar cuocere a fuoco lento la situazione critica in cui si trova la Rai.

Poi Rossi pone un tema che sottoscriviamo: “la politica dovrebbe interrogarsi su quale funzione debba avere il servizio pubblico nell'era dei grandi player globali”. Come abbiamo scritto e sosteniamo da tempo, questo il problema centrale intorno al quale ruotano tutti gli altri: governance, risorse e tecnologie. Se non è chiaro a quali compiti dovrebbe assolvere il Servizio pubblico nei prossimi anni, è difficile poi progettare tutto il resto. Per quanto riguarda invece la “piattaforma della cultura nazionale” Rossi sostiene l’inderogabilità del ruolo della Rai, altrimenti l’operazione voluta da Franceschini diventa altra cosa: una mera alchimia tra il finanziario e il politico che con la cultura nazionale potrebbe aver poco a che fare. Infine, per quanto riguarda la crisi economica e il bilancio Rai lo stesso Rossi si associa a quanti, noi compresi, da tempo scriviamo e sosteniamo: il prelievo dell’extragettito è illegittimo e gli 80 mln che ora si apprestano a restituire alla Rai non si tratta di “regalo” ma di restituzione del maltolto.  

Divertente porre il dubbio: Rossi è un fedele lettore di questo Blog o questo Blog è un sostenitore occulto di Rossi? ça va sans dire: nessuna delle due. Si tratta di argomenti di “buon senso” e di pragmatica politica che spesso fatica ad affermarsi. Nel merito delle sue osservazioni, in particolare su quanto sarebbe necessario fare subito a proposito della governance dell’Azienda in questo momento, ribadiamo: l’obiettivo primario è salvare la Rai dalle prospettive di crisi non solo economiche che dovrà affrontare da subito. Ne consegue che occorre, da subito, un governo dell’Azienda forte, autorevole e credibile. Ci sono due possibilità: o un “rimpasto” (proprio come potrebbe avvenire al Governo Conte) con le “dimissioni” di Salini o programmare già da ora come si dovrà nominare il prossimo Cda, con la vecchia Legge del 2015 o con una nuova. Questo è il solo interrogativo sensato che deve porsi la politica in questo momento.

Da leggere pure con particolare attenzione l’intervista a Pier Silvio Berlusconi sul Corriere di oggi, a firma Daniele Manca: “Faremo il polo europeo della tv Vivendi non ci fermerà» Il CEO del gruppo: l'emendamento Mediaset? Solo da noi fa scandalo. L'Italia si sta riprendendo, la televisione generalista ha aumentato la sua centralità. I veri mostri? I giganti del web che sfuggono ai controlli fiscali e di trasparenza”. Da ritagliare e conservare, ci torneremo.

Infine, pure da ritagliare e conservare, il commento di Francesco Manacorda su Repubblica A&F: “In questi giorni natalizi, che molti di noi trascorreranno bloccati a casa davanti a un televisore e costretti a un forsennato zapping pomeridiano, saremo spettatori inconsapevoli anche di una battaglia che si svolge non sullo schermo, ma dietro lo schermo. Per la precisione nelle stanze della politica italiana, francese ed europea e nelle sale dei consigli d'amministrazione di importanti gruppi. Dietro lo schermo della tv si giocano infatti in queste settimane due partite dai destini incrociati. La prima, più rovente che mai, riguarda i rapporti tra francesi di Vivendi e l'italiana Mediaset, di cui i primi hanno il 28,8%. La seconda, ancora più lontana dal nostro schermo televisivo, ma non per questo meno importante, è la battaglia sulla rete unica - quella che dovrà portare i dati ad alta velocità in tutte le case, gli uffici e le fabbriche - dove Vivendi gioca un ruolo in partita come azionista di Tim”. Ecco, esattamente anche su questo tema si misura la distanza della Rai dai grandi disegni che interessano il Paese. 

bloggorai@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento