Chi ha seguito con attenzione i funerali di Berlusconi in diretta Tv potrebbe aver notato un dettaglio significativo: all’ingresso e all’uscita dal Duomo di Milano, di fronte al feretro, c’era un signore che con portamento pomposo e solenne portava la sua immagine. Non succede sempre a tutti i funerali. Cosa significa? Perché si mostra l’immagine del defunto di fronte alla sua bara? Che rapporto c’è tra la "comunicazione" del sembiante e il suo reale?
Questo argomento non appartiene propriamente alla natura di Bloggorai, per quanto pure ci siamo già occupati, spesso e volentieri, della “civiltà delle immagini” televisive e di come e di quanto la rappresentazione specifica del volto delle persone possono influenzare la nostra percezione soggettiva della realtà che esse stesse rappresentano. In passato, abbiamo citato un libro che da solo regge l’impalcatura del ragionamento e da qui riprendiamo spunto: Augusto e il potere delle immagini di Paul Zanker al quale si può aggiungere L’immagine del Potere, di Gilberto Tinacci Mannelli e Enrico Cheli.
Vi proponiamo di addentrarci, seppure in modo grossolano, approssimativo e sommariamente, in un territorio complesso, delicato e scivoloso e ci limitiamo a fare alcune osservazioni e porre interrogativi. L'occasione ci è venuta questa mattina, sfogliando i giornali, dove abbiamo osservato con attenzione i volti del leader cinese Xi Jinping che ieri ha incontrato il Segretario di Stato USA Antony Blinken e quelli di Giorgia Meloni che, nello stesso giorno, ha incontrato l’attore Tom Cruise. Sono immagini iconiche dove gli occhi e lo sguardo dei personaggi raccontano, ovvero “narrano” tutta la storia che l’immagine stessa contiene. Nel primo caso i due personaggi rappresentano il “Potere” con la P maiuscola, dove si declinano i diversi equilibri tra le due parti. Da un lato sembra emergere un Potere forte, antico e silenzioso mentre di fronte a lui compare un Potere sempre forte ma relativamente nuovo, altalenante, confuso e in cerca di una sua identità. Nel secondo caso compare una donna sorridente che, in questa circostanza, sembra poco incline a rappresentare una qualsivoglia forma di “potere” quanto più, semplicemente, una semplice “fan” in cerca di autografo dal noto attore cinematografico. Eppure, nulla avviene per caso, e anche questa immagine entra nel “racconto” che la Meloni produce di se stessa giusto poco dopo aver incontrato Elon Musk con relative immagini a supporto. Contenuto e contenitore, contenenti e contenuti si mescolano tra loro e il tema è decifrarne il senso profondo, ovvero il significato e il significante.
La domanda che poniamo è molto semplice seppure racchiude una grande complessità: quanto e come il volto dei leader è in grado di rappresentare, comunicare o sintetizzare il loro “progetto” o la loro visione del mondo che intendono guidare? Le loro espressioni, gli sguardi, gli occhi, la postura del corpo come pure il tono e il volume della voce quanto incidono sull’empatia che sono in grado di riscuotere e suscitare sia tra chi è già in sintonia sia con chi invece si vorrebbe conquistare alla propria parte? Il campo di ricerca è vastissimo e la letteratura scientifica assai copiosa. Eppure, non sembra possibile stabilire nessuna relazione assoluta in termini di causa effetto e tantomeno azzardare quantificazioni. Possiamo supporre che il “successo” politico di Berlusconi sia stato derivato dal suo “sguardo” empatico oppure dalla “proposta” politica e culturale che rappresentava (e che poi ha tradotto in partito politico)? Recentemente è stata pubblicata una rilevazione su quante volte è stato citato in televisione il suo nome da quando è scomparso ma non quante volte e per quanto tempo è stata inquadrata la sua immagine. Quanto rimane inciso nella memoria o quanto pesa di più il nome o il suo volto? Non a caso, sulla sua eredità politica un argomento centrale sarà proprio l'utilizzo del suo nome sulle prossime schede elettorali.
L’argomento che stiamo sfiorando è di grande interesse e attenzione e non da oggi poiché, dai suoi albori, dalle sue primitive origini, l’umanità ha fatto i conti con la rappresentazione di se stessa in termini tridimensionali, pittorici, fotografici e infine televisivi. Le statue a figura intera, i volti, i busti, in ogni parte del mondo sono servite a proporre le immagini riflesse e riproposte di chi di chi le ha prodotte. Attraverso quei manufatti abbiamo la vaga idea del grado, del livello di civilizzazione raggiunta dai diversi popoli. A volte si è trattato della rappresentazione di se stessi o di persone simili, altre volte invece con le sembianze umane si è rappresentato il Divino nelle sue diverse specificità. In ogni modo, il sembiante umano, il volto delle persone, è l’immagine primordiale, l’archetipo della percezione della nostra socialità: è il volto della madre la prima impressione che una creatura percepisce non appena è in grado di aprire gli occhi al mondo. Allo stesso tempo, la sembianza del volto umano è stata anche rappresentazione del potere: vedi le monete con l’effige degli imperatori.
Il volto di ognuno di noi segna il proprio carattere, la propria natura e cultura. Il volto comunica con le sue infinite sfumature il nostro stato d’animo, il nostro umore. Spesso il volto comunica pure “a nostra insaputa” ovvero indipendentemente da ciò che in quel determinato momento stiamo provano con le nostre emozioni. Altre volte, invece, siamo artefici delle espressioni che intendiamo assumere a supporto di quanto stiamo affermando. Parafrasiamo “non si può non comunicare” con “non si può non osservare”. Il problema è che la sola osservazione potrebbe non essere sufficiente a interpretare e comprendere.
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