lunedì 10 giugno 2019

ALLARME GRAVE

"Il mio editore è il Governo" (Repubblica, 8 giugno)
"Credo che la tv si faccia per addizione. Se una voce non c'è è bene rappresentarla, compito del Servizio Pubblico è dare voce al Paese che evolve e alla pluralità delle sue voci, anche in base al risultato del voto" (Il Mattino, 8 giungo)
"Non va bene che chi è fuori dalla Rai è escluso per principio" (Repubblica 8 giugno)
Non virgolettate le dichiarazioni sui suoi ottimi rapporti con Salini, opportunamente informato delle sue scelte: "rispetto l'autonomia editoriale dei direttori di rete" ha dichiarato l'AD in Vigilanza.
Nota bene: sia Il corriere della Sera che il Fatto quotidiano ho hanno ripreso nulla sul tema e tutt'oggi la notizia sta passando sotto silenzio.
Solo l'Usigrai ha protesto contro queste dichiarazioni. Grazie, per fortuna qualcuno si è accorto della gravità di quanto dichiarato. Tutti gli altri, compresi i consiglieri, silenzio! E' grave!!!

Sul primo punto: ha ragione, in un certo senso, la De Santis a sostenere che il Governo è l'editore del Sevizio Pubblico: grazie alla nefasta Legge del 2015, di fatto, mette l'Azienda sotto stretto controllo dell'Esecutivo. Ma la Legge non dice on nessun modo, in nessuna parte, che il Governo, di fatto, è l'editore della Rai: è una sua pura invenzione o una sua interpretazione arbitraria. Si vuole ignorare però l'aspetto più rilevante: la linea editoriale della Rai non viene e non deve essere decisa dal Governo: esiste un Contratto di Servizio dal quale non è possibile derogare in alcun modo. Questo Contratto, inoltre, non affida in alcun modo ai direttori di rete la responsabilità di valutare e decidere le scelte editoriali in funzione dei risultati politici: è un assurdo colossale e intollerabile! Non compete ai direttori "pesare" le urne e modellare l'offerta della rete in base al numero dei voti. Si tratta di un argomento che da solo sarebbe sufficiente a far incatenare sotto il cavallo di Viale Mazzini tutti coloro che hanno a cuore l'interesse del Servizio Pubblico. Inoltre, appare tanto più grave la chiamata in corresponsabilità del resto dei vertici aziendali: non è pensabile che un tale argomento sia scaturito dalla sua pur fertile ed esperta mente politica. 

Non meno grave è l'ultima argomentazione: bisogna dare spazio anche agli esterni alla Rai che avrebbero pari diritto rispetto agli interni. Detta in questo modo potrebbe essere interpretata come di buon senso: tutti hanno diritto ad avere possibilità. La banale, semplice realtà è che gli interni, a costo di impegno costante e responsabilità, hanno maturato un diritto che non può essere cancellato in nome di un altro diritto formalmente inesistente. A quale "principio " fa riferimento la direttora di Rai Uno? Ci sono modalità di assunzione e collaborazione previste e codificate: vedi il bacino per le migliaia di collaboratori in attesa di regolarizzazione, vedi i concorsi per giornalisti. Comunque, questo tema non è di sua competenza: non spetta a lei decidere come valorizzare le risorse, sia interne che esterne. Altro discorso potrebbe essere quello relativo alle prestazioni artistiche dove è naturale che potrebbero non esserci adeguate risorse interne, ma in questo caso si parla d'altro: una trasmissione di marcato segno giornalistico.

E' nota la nostra opposizione al Piano Industriale, ma forse, almeno su questo punto potrebbe avere un senso: nessun direttore si dovrebbe svegliare la mattina e sparare frescacce in libertà.

Di tutto questo sarebbe stato necessario ascoltare voci autorevoli e da parte di chi svolge ruoli di responsabilità. Invece, prendiamo atto, solo silenzio.

Domattina, si spera, il voto in Vigilanza. 

bloggorai@gmail.com







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