lunedì 14 luglio 2025

Il meglio di Bloggorai. 1

by Bloggorai ©

Proponiamo un esperimento: abbiamo raccolto una buona idea suggerita da un autorevole lettore: una sintesi dei post della settimana appena trascorsa. Crediamo sia utile a mantenere ordinata la memoria degli argomenti e delle notizie di cui ci siamo occupati, fedelissimi al principio secondo cui nulla avviene mai per caso e tutto si colloca in suo contesto dinamico. Da oltre sette anni Bloggorai non fa altro che cercare di “connettere i punti” spesso distinti e distanti tra loro per definire un quadro leggibile, un filo conduttore verso la comprensione, appunto, di quel “futuro” del Servizio Pubblico, forse ancora possibile seppure talvolta improbabile.

Domenica 6 luglio - RAI: la "riforma" in riva al mare

Intervista al senatore Gasparri comparsa sul Messaggero con il titolo “Riforma della Rai entro fine anno. Stop alle nomine fatte dal governo”. Letto così suscita benevola attenzione e ci metteremmo la firma subito. Leggiamo qualcosa a proposito del prossimo 8 agosto: “I tempi di una procedura di infrazione europea sono biblici, pari a quelli di un processo civile. Semmai l'Ue l'avvierà, arriverà a conclusione quando noi ci saremo già dotati di una legge da un pezzo” e forse Gasparri su questo punto ha pure ragione. Poi in merito ai tempi della riforma sostiene “Considererei un grande successo se prima della pausa estiva la Commissione del Senato raggiungesse una qualche sintesi.

Leggiamo oggi su Il Tempo un titolo interessante “Il futuro della tv pubblica. Quella «pazza idea» di Renzi «Privatizziamo un canale Rai. La proposta durante l'assemblea lV per risolvere lo stallo in Vigilanza.

Lunedì 7 luglio - RAI: la palude oltre la riforma

Articolo di Lisa Di Giuseppe su Domani con il titolo “Effetto Marano sulla Rai. La Lega rafforza il suo potere”. una fotografia attendibile e veritiera di una palude antica, fumosa e fangosa, dove vivono e pascolano indisturbati partiti e combriccole di potere e dove ormai si è calcificata una “cultura” aziendale dove bene che vada prevale “ognuno per se e Dio (o una riforma) per tutti”. Non è solo una giungla, è una palude.

Una povertà di pensiero, di idee, di progetti e di visioni raramente si è vista in tanti anni di Rai. E non riguarda solo “tele Meloni”.

Martedì 8 luglio – Lo sprofondo Nero

Oggi riprendiamo pari pari il commento di Aldo Grasso sul Corriere dove si parla di “«Facci ridere», uno dei programmi più brutti della storia Rai”. Lo abbiamo visto anche noi e l’imbarazzo era notevole.  Leggiamo ancora Grasso: “ … è più interessante porsi altre domande: perché la Rai è così allo sbando? Perché i nuovi palinsesti, appena presentati, non hanno nulla di nuovo e, per ironia della storia (della tv), il volto più esposto è stato quello di Roberto Benigni?”.

Intervista comparsa sul Messaggero a Stefano Graziano, deputato PD in Vigilanza Rai con il titolo “Legge sulla Rai, serve una fondazione e il controllo di qualità sui programmi”. Sulla Fondazione abbiamo detto e scritto chiaro e tondo che si tratta di una porta, un portone, spalancato vero la privatizzazione e nonostante che pure nei giorni scorsi la valutazione negativa su questo concetto sia stata ribadita in occasioni pubbliche, Graziano insiste a riproporlo.

Mercoledì 9 luglio – La “questione” PD

Ieri si è svolto un incontro, un “tavolo di lavoro” finalizzato a cercare una sintesi delle proposte di riforma sulla Rai. Lo scriviamo con le dita pesanti e con grande rammarico: con questa “opposizione”, con questi contenuti, con questo modello di azione, la destra in Rai (e forse pure nel Paese) resterà saldamente al governo per i prossimi 40 anni. Altro che “tavolo di lavoro” con i soliti tre gatti e mezzo… qui è necessario un refettorio, una mensa popolare. Per non dire che poi sarà necessario una volta affrontare il tema della “società civile” che si occupa di Rai: le precedenti esperienze dovrebbero averci detto qualcosa.

Ora la situazione, in sintesi è la seguente. La maggioranza di Governo marcia divisa e colpisce unita: è fermamente intenzionata a portare a casa un risultato sulla Rai, subito, in forma di una nuova legge e in collegato disposto, con la ratifica della Agnes come presidente … incorso uno “sporco lavoretto sottobanco” in corso per trovare i due voti in Vigilanza Rai e far votare la Agnes. Viceversa, l’opposizione non marcia proprio, forse è divisa e vorrebbe colpire unita. Non marcia perché, semplicemente, finora le sue proposte che si vorrebbero unificare (2 PD, una AVS e una 5S) nessuno ha il coraggio, la voglia e la forza di dire “buttiamo via tutto e ricominciamo da capo”.

Giovedì 10 luglio – Mediaset e Rai, il Colosseo prossimo venturo

La sensazione, la lettura verticale per quanto sommaria che ne ricaviamo dai due palinsesti è tutta nel tema identitario. Mentre Mediaset è alla ricerca di una sua nuova dimensione, di un “aggiornamento”, di un riposizionamento e rafforzamento della sua offerta editoriale (compresa l’informazione dove PSB ha dichiarato “Vogliamo dare all'informazione un respiro più ampio e raccontare l'attualità con più profondità”). Rai invece a Napoli ha mostrato tutti i segni della sua debolezza strutturale riproponendo un modello di offerta logoro, stantio e privo di nuove idee e contenuti attestandosi alla difesa ad oltranza del “suo” pubblico stabilmente “over” oltre il quale c’è il baratro. Ed è proprio in questo campo, spaziale, temporale e di contenuti che la contesa si fa sanguigna e dove non si fanno prigionieri.

In questo contesto, una frase di Berlusconi ci ha colpito assai: “Mi chiedo solo una cosa: è giusto che la tv di Servizio Pubblico mandi in onda un game al limite del gioco d'azzardo?” Bloggorai lo ha scritto forte e chiaro: No, non è giusto!!!

Venerdì 11 luglio – Oltre il nulla

Di cosa dovremmo scrivere questa mattina? Di questa Rai, di questa “destra” televisiva? Della replica di Birignano su Rai Due o di una ennesima replica di una fiction qualunque su Rai Uno? O della seconda puntata di “Facci ridere” una trasmissione a suon di “rutto libero” condotta da Pino Insegno, l’uomo che “Appoggio Meloni perché mi piace quel che fa” considerata a ragione “Una delle trasmissioni più brutte delle Rai” (Grasso dixit)?

Sabato 12 luglio - RAI e Mediaset: anziani e giovani al volante

l titolo che ci colpisce oggi è su Il Tempo: “Quella Tv estiva banale e trash che spegne i cervelli” a firma Vittorio Feltri. Ci va giù di piatto già dalla prima riga: “La Tv mi fa schifo” e segue “…un’esperienza allucinante … la lagna di Techedeche … Don Matteo come la litania del Rosario … Temptation Island un covo di peccatori … mi viene voglia di sparare sulla Tv …” e così via trotterellando.

Veniamo ora ad un altro articolo che ci ha interessato pubblicato sul Fatto a firma Giovanni Valentini. Il titolo è “Dalla Rai dei partiti è ora di passare alla Rai dei cittadini” dove leggiamo che “Il nodo fondamentale da sciogliere, dunque, resta quello della governance”. Peccato che la governance è sempre e solo lo strumento attraverso il quale si esercita lo “scopo sociale” del Servizio Pubblico. Se non è chiara la nuova missione, se non sono definiti compiti, risorse e competenze è come voler progettare una vettura con il volante ma senza motore e senza benzina ma soprattutto un veicolo che non sa dove dirigersi.

Domenica 13 luglio - RAI e La7: un confronto probabile e possibile

Oggi segnaliamo solo un’intervista sul Corriere ad Andrea Salerno, direttore de La7, con il titolo “La7 cresce ancora perché indipendente”. I numeri gli danno ragione, certamente sull’informazione, forse l’offerta più pregiata. L’ultimo Osservatorio sulle comunicazioni di AgCom del mese scorso lo certifica nero su bianco: nella fascia oraria 12-14.30 tuti i Tg Rai dallo scorso anno a questo perdono rispettivamente Tg1 -4,4%, Tg2 -2,7 e Tg3 -4,6 mentre La 7 -cresce del 21,3. Nella fascia serale, dalle 18.30 alle 21, rispettivamente il Tg1 -3,6, il Tg2 -8,4 e il Tg3 -0,7 mentre La 7 cresce a +18,5.

La7 cresce proprio perché occupa lo spazio che il “servizio pubblico” lascia scoperto. In particolare, lascia scoperto proprio quel nervo particolarmente sensibile che è l’informazione e l’indipendenza dal governo di turno, quale che esso sia.

bloggorai@gmail.com

ps: oggi nulla da segnalare


 

domenica 13 luglio 2025

RAi e La7: un confronto probabile e possibile

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Buongiorno care lettrici e cari lettori di Bloggorai … 

buona domenica!!!

Sulla Bassa Val Tiberina questa mattina il cielo è grigio. Ha piovuto e dal campo appena battuto dal grano si leva quel suo profumo caratteristico di aspro, amarognolo mentre i colori della terra e dei boschi si fanno più marcati, più vividi. La famiglia di fagiani che ha preso dimora intorno alla casa sembra contenta: hanno molto bisogno di acqua.

Oggi segnaliamo solo un’intervista sul Corriere ad Andrea Salerno, direttore de La7, con il titolo “La7 cresce ancora perché indipendente”. I numeri gli danno ragione, certamente sull’informazione, forse l’offerta più pregiata. L’ultimo Osservatorio sulle comunicazioni di AgCom del mese scorso lo certifica nero su bianco: nella fascia oraria 12-14.30 tuti i Tg Rai dallo scorso anno a questo perdono rispettivamente Tg1 -4,4%, Tg2 -2,7 e Tg3 -4,6 mentre La 7 -cresce del 21,3. Nella fascia serale, dalle 18.30 alle 21, rispettivamente il Tg1 -3,6, il Tg2 -8,4 e il Tg3 -0,7 mentre La 7 cresce a +18,5. Da osservare che i dati vanno letti in un contesto dinamico dove i Tg Rai sono in perdita costante negli ultimi anni. 

Da osservare poi a margine un piccolo “problema” che sembra interessare solo Bloggorai: Rai News24. Nello stesso Osservatorio di AgCom si legge che il canale all news Rai da un anno all’altro ha perso il 10,1% e oltre il 50% negli ultimi anni a fronte dello 3,3% di TgCom24 e del 5,7% di SkyTg24 che, peraltro, registra una perdita negli ultimi anni del 56%.

Sostiene Salerno: “La Televisione, alla fine, è una cosa semplice: è quello che vedono i telespettatori, i programmi che vanno in onda. Questa è la televisione. In Rai, non solo in questi ultimi anni, si è guardato meno a questo. E forse non solo in Rai. Noi invece non so se siamo Servizio Pubblico come molti dicono, ma certamente facciamo un servizio al pubblico”. Condividiamo e sottoscriviamo. È proprio ciò che sosteniamo da tempo: la tv, la Rai è anzitutto e soprattutto il prodotto, l’offerta editoriale, i contenuti che propone e diffonde ed è certamente vero che Rai da tempo ha abdicato al suo ruolo di riferimento nella sua offerta editoriale, nella qualità del prodotto fornito.  Confusa e smarrita financo nel suo tentativo di “riformarsi” con i cosiddetti “generi”, ormai naufragati pure a se stessi come sostenuto dal DG Sergio e come abbiamo letto nel famigerato “documento riservato” sul palinsesto 2025-27.

Non è un caso che su questo fronte, la qualità del prodotto e dell’offerta editoriale, il dibattito è asfittico, stitico e quasi assente. Tutti presi dalla sfera istituzionale, dall’EMFA, dalla riforma della governance, dalla mancanza della presidenza, e nessuno che si sofferma anche solo per un momento, anche solo per un programma, a valutare il suo “peso” sociale, politico e culturale. Salerno sostiene di fare un “servizio al pubblico” ed ha buone ragioni per sostenerlo e La7 cresce proprio perché occupa lo spazio che il “servizio pubblico” lascia scoperto. In particolare, lascia scoperto proprio quel nervo particolarmente sensibile che è l’informazione e l’indipendenza dal governo di turno, quale che esso sia.  Se mai si dovessero applicare criteri per l’assegnazione della nuova Concessione in scadenza nel 2027, questi potrebbero essere rilevanti e qualificanti: autonomia e indipendenza. Magari introducendo qualche meccanismo di verifica che tanto piacciono ad alcuni nostri “amici”: i KPI con i quali misurare quanto Rai si merita il rinnovo della Concessione. Magari, si può cambiare acronimo con i LEP ma la sostanza non cambia: cosa propone, cosa offre la Rai in cambio del canone che percepisce?

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sabato 12 luglio 2025

RAI e Mediaset: anziani e giovani al volante

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L’aria del mattino che scende dai Colli Martani e si diffonde nella bassa Val Tiberina è fresca. Dopo aver preso  il caffè al Circolo Trattoristi e scambiato le solite quatto chiacchere sulla battitura del grano e sulla “legatura delle olive” (non va per niente bene!!!) la lettura dei giornali è amena.

Il titolo che ci colpisce oggi è su Il Tempo: “Quella Tv estiva banale e trash che spegne i cervelli” a firma Vittorio Feltri. Ci va giù di piatto già dalla prima riga: “La Tv mi fa schifo” e segue “…un’esperienza allucinante … la lagna di Techedeche … Don Matteo come la litania del Rosario … Temptation Island un covo di peccatori … mi viene voglia di sparare sulal Tv …” e così via trotterellando.

Quella sera di giovedì scorso anche Bloggorai si è accasciato di fronte alla Tv con il telecomando in mano. Il giorno successivo abbiamo letto i numeri Auditel:

Don Matteo 13                 2.031    14,6%

Temptation Island            3.697    29,6%

DT Rai  2.200   32,7%  PT  5.100    32,9%

DT Mediaset 2.740 40,3% PT 6.379    40,9%                                          

Abbiamo poi letto che Temptation Island registra numeri da record nel pubblico dei giovanissimi con il 53.77% di share nella fascia 15-34 anni e il 61.5% di share in quella 15-19 anni.  Per Don Matteo parliamo del 22% della fascia 4-7 anni, del 30% in quella 8-14 anni, del 24% in quella 15-44, del 30% 45-54 anni, 40% 55-64 e chiudere con il 48% fra gli over 65.  Piccola nota a margine: a rileggere la “cronaca nera” raccontata da Don Matteo (in onda da oltre 21 anni) nell’Umbria tra Spoleto e Gubbio sarebbero avvenuti oltre 400 omicidi: numeri da aver paura ad andare in giro di notte, manco fosse il Bronx dei peggiori anni passati.

Allora, ci siamo chiesti: A perché il pubblico di RaiUno rivede la replica di Don Matteo 13 andato in onda solo un paio di anni addietro? Cosa lo attrae, cosa gli propone di nuovo e diverso per doverlo rivedere? B perché il “pubblico giovane” è attratto da “Temptation Island”, cosa contiene di interessante per loro? Non abbiamo una risposta compiuta e la sola, sommaria, che ci viene per ora in mente è che Canale5 ha una maggiore capacità di intercettare quel racconto del “reale” sociale e culturale, composto di sentimenti e tradimenti, emozioni e suggestioni, che invece Rai Uno al contrario sembra aver abbandonato mentre confida sempre più in un “usato sicuro” rassicurante e compiacente delle repliche delle fiction e degli “amarcord” di Techedeche. Aggiungi, inoltre, che da tempo lo stacco generazionale tra Canale 5 e RaiUno è di circa 10anni. I numeri danno ragione a Mediaset.

Veniamo ora ad un altro articolo che ci ha interessato pubblicato sul Fatto a firma Giovanni Valentini. Il titolo è “Dalla Rai dei partiti è ora di passare alla Rai dei cittadini” dove leggiamo che “Il nodo fondamentale da sciogliere, dunque, resta quello della governance”. Peccato che la governance è sempre e solo lo strumento attraverso il quale si esercita lo “scopo sociale” del Servizio Pubblico. Se non è chiara la nuova missione, se non sono definiti compiti, risorse e competenze è come voler progettare una vettura con il volante ma senza motore e senza benzina ma soprattutto un veicolo che non sa dove dirigersi. Per non dire che oggi, a discutere di governance e di EMFA ci sono proprio coloro che pure potendo e dovendo anticiparne i vincoli se ne sono ben guardati lo scorso 26 settembre ed ora non ammettono nemmeno l’errore strategico che hanno compiuto. Ma non basta: si legge ancora di riproporre il modello della “fondazione” come “intercapedine” (Graziano, PD, dixit) “rappresentativa della società civile”. Ancora una volta ribadiamo quanto più volte abbiamo scritto senza mai ricevere obiezioni sostanziali: la "fondazione" è un modello che anticipa, di fatto, una forma indiretta di privatizzazione perché presuppone all’origine una cessione di quota proprietaria dello Stato verso un nuovo soggetto che, peraltro, nessuno dice come e da chi debba essere nominato e composto. Altro argomento sul quale prima o poi sarà necessario intenderci bene e avviare una profonda riflessione è questo pensiero sulla cosiddetta “società civile” che in Rai, a suo tempo, non ha dato la migliore prova di sé stessa. Il tema che poniamo è la sua capacità di rappresentatività, di proposizione, di elaborazione condivisa che, per quanto a noi noto e segnatamente in queste circostanze di dibattito (ristretto e riservato) sul tema “riforma Rai” non sembra aver dato contributi significativi e rilevanti.  

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venerdì 11 luglio 2025

RAI: oltre il nulla

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Di cosa dovremmo scrivere questa mattina? Di questa Rai, di questa “destra” televisiva? Della replica di Birignano su Rai Due o di una ennesima replica di una fiction qualunque su Rai Uno? O della seconda puntata di “Facci ridere” una trasmissione a suon di “rutto libero” condotta da Pino Insegno, l’uomo che “Appoggio Meloni perché mi piace quel che fa” considerata a ragione “Una delle trasmissioni più brutte delle Rai” (Grasso dixit)?

I tanti argomenti seri, importanti, strategici a confronto scompaiono e si avviliscono di fronte a tanta arroganza e supponenza. Ma di che riforma vuoi parlare in questo contesto? Ci torna sempre in mente la scenetta di Petrolini che di fronte ad uno spettatore dal loggione che infastidiva il suo spettacolo lo apostrofò dicendogli “Io non ce l’ho con te ma con quello che ti sta vicino che non ti butta di sotto”.

Già, non ce la prendiamo tanto con TeleMeloni ma con quelli che gli hanno consentito di prendere il potere e con coloro che non battono ciglio per cercare di fermarli, anche almeno facendo finta di protestare.

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giovedì 10 luglio 2025

Mediaset e RAI: il Colosseo prossimo venturo

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“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” e il gioco consiste nel mettere in ginocchio e azzannare alla gola l’avversario. Parliamo di Berlusconi Jr e della Rai dopo la presentazione dei palinsesti Mediaset di ieri.

Non è nelle corde di Bloggorai fare la comparazione dettagliata dei programmi e dei personaggi dei due concorrenti però siamo in grado di “leggere” i passaggi essenziali del progetto editoriale (e politico) dell’operatore privato e di quello Pubblico. Tra i tanti articoli di questa mattina che raccontano i particolari mutamenti dell’offerta Mediaset per la prossima stagione tre meritano attenzione. Il primo è del Corriere dove si legge il cuore della sua strategia: Mediaset attacca il fronte dove oggi appare più debole, ovvero l’access e il prime time laddove Rai ancora resiste. Il secondo è del Sole dove si riferisce l’aggiornamento delle mosse di MfE sullo scenario europeo con la trattativa su Prosiebensat (ricadute sul dossier Rai Way) e il terzo su La stampa dove si leggono interessanti considerazioni sull’aggiornamento e il “revisionismo” dei reality che portano tanta gloria a Mediaset.    

La sensazione, la lettura verticale per quanto sommaria che ne ricaviamo dai due palinsesti è tutta nel tema identitario. Mentre Mediaset è alla ricerca di una sua nuova dimensione, di un “aggiornamento”, di un riposizionamento e rafforzamento della sua offerta editoriale (compresa l’informazione dove PSB ha dichiarato “Vogliamo dare all'informazione un respiro più ampio e raccontare l'attualità con più profondità”). Rai invece a Napoli ha mostrato tutti i segni della sua debolezza strutturale riproponendo un modello di offerta logoro, stantio e privo di nuove idee e contenuti attestandosi alla difesa ad oltranza del “suo” pubblico stabilmente “over” oltre il quale c’è il baratro. Ed è proprio in questo campo, spaziale, temporale e di contenuti che la contesa si fa sanguigna e dove non si fanno prigionieri.

Quando a suo tempo abbiamo seguito il dibattito sul rinnovo del Contratto di servizio abbiamo rivolto una critica severa alla logica dei KPI (Key Performance Indicator) tanto cari alla ex presidente Soldi e ai suoi epigoni. Forse, a rivedere il film sul Contratto, ci si può chiedere se qualcuno ha sbagliato acronimo dove magari si pensava ai LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni) che il Servizio Pubblico deve garantire anche in termini di qualità della propria offerta.  

In questo contesto, una frase di Berlusconi ci ha colpito assai: “Mi chiedo solo una cosa: è giusto che la tv di Servizio Pubblico mandi in onda un game al limite del gioco d'azzardo?” Bloggorai lo ha scritto forte e chiaro: No, non è giusto!!! Ora, è evidente che l’atto di accusa è fortemente strumentale al fatto che si riferisce al diretto concorrente di Striscia, ovvero il gioco dei “pacchi” di De Martino. Ma è pure del tutto evidente che l’accusa è forte, solida, granitica e fondata su un elemento indiscutibile. Il gioco dei “pacchi” in onda su Rai Uno alle 20.35 di ogni giorno è sostegno indiretto alla logica, alla struttura mentale, del gioco d’azzardo allo stato puro, primordiale. Parliamo di una malattia sociale devastante nella quantità delle persone colpite e nelle lacerazioni profonde che provoca. Parliamo di un fenomeno di assoluto rilievo che interessa, secondo una recente indagine di Nomisma nel 2024 “… 20,7 milioni (48 percento) gli italiani di età 18-75 anni che hanno partecipato almeno una volta a giochi con vincite in denaro”.

Se sostituite i “pacchi” con una leva di slot machine, con un gratta e vinci o con una monetina non cambia nulla: non si richiede nessuna abilità, capacità o esperienza ma solo una “botta di fortuna”, ovvero l’ultima spiaggia di chi non riesce a farcela o di chi invece vuole di più di quanto già possiede. Il Gratta e vinci” o il gioco del lotto o la lotteria nazionale non riguardano solo i poveri come pure l’alcol e il fumo: sono malattie sociali “democratiche” perché investono tutti, indistintamente dalla collocazione sociale o culturale. Lo abbiamo già scritto da tempo e lo ripetiamo: il Servizio Pubblico non deve sostenere la diffusione di questa malattia sociale. Non lo doveva già da anni, quasi da decenni, eppure nessuno ha mai battuto ciglio, compresi i tanti nostri amici. Questi nostri “amici” molto impegnati nelle proposte di riforma Rai, magari, se gli scappa, ogni tanto, alla bisogna, un pensierino al “prodotto”, ai contenuti, ai programmi TV potrebbero anche farlo.

Ha scritto nei giorni scorsi Valentini sul Fatto : "Se quella era “sottocultura televisiva”, come la definì Eco, questo è un gioco d’azzardo che rischia di sconfinare nella ludopatia ... Pazienza finché questo avviene sulle reti commerciali. Sulla televisione pubblica sarebbe meglio evitarlo, se non altro per il rispetto che si deve a chi paga il canone d’abbonamento".

Forse, oltre e insieme alla “riforma della governance” è necessaria anche una riforma della “missione” del Servizio Pubblico, ovvero del suo senso etico e morale. Su questo tema però i "tavoli di lavoro" non si fanno, non rendono e non creano future candidature.

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mercoledì 9 luglio 2025

RAI: la "questione" PD e non solo

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Buonasera!

Volevo dire al mondo che qua c'è una grossa crisi ... qua non sappiamo più quando stiamo andando su questa tera... ti chiedi il come mai, il come dove nel mondo... dove chi, perchè quando ... dov'è la risposta ... ti chiedi il quasi quasi e miagoli nel buio, vai a dentoni ... ma la risposta non la devi cercare fuori ... la risposta è dentro di te .... e però è sbagliata! 

Le strade che conducono al Paradiso sono lastricate di buone intenzioni e, come tali, vanno sempre incoraggiate e sostenute. Il problema è poi renderle tangibili, farle scendere dal Cielo e farle arrivare sulla terra, fare in modo che gli Umani possano riconoscerle, condividerle e sostenerle. 

Niente di tutto questo è avvento e avviene nel beato mondo dell’opposizione. Ieri si è svolto un incontro, un “tavolo di lavoro” finalizzato a cercare una sintesi delle proposte di riforma sulla Rai. Lo scriviamo con le dita pesanti e con grande rammarico: con questa “opposizione”, con questi contenuti, con questo modello di azione, la destra in Rai (e forse pure nel Paese) resterà saldamente al governo per i prossimi 40 anni. Altro che “tavolo di lavoro” con i soliti tre gatti e mezzo… qui è necessario un refettorio, una mensa popolare. Per non dire che poi sarà necessario una volta affrontare il tema della “società civile” che si occupa di Rai: le precedenti esperienze dovrebbero averci detto qualcosa.

Tralasciamo dettagli irrilevanti di contenuti e contesto e ci concentriamo su un solo soggetto: il PD. Come abbiamo riportato, ieri è comparsa sul Messaggero un’intervista a Stefano Graziano, parlamentare PD in Vigilanza Rai, dove si legge nel titolo “Legge sulla Rai, serve una fondazione e il controllo di qualità sui programmi” e, sempre ieri, durante l’incontro di cui sopra, se abbiamo inteso bene, ha sostenuto la proposta di abolire il canone e passare il finanziamento della Rai alla fiscalità generale. Nota bene: si tratta pari pari della stessa proposta contenuta nel progetto del M5S a firma Bevilacqua.

Il “combinato disposto” dei due elementi, fondazione “… come intercapedine …” e abolizione del canone, aprono un’autostrada micidiale verso un futuro del Servizio Pubblico molto difficile da sostenere e condividere. Sappiamo, peraltro, che nel PD convivono “anime” molto diverse, a volte in feroce contrapposizione tra loro. Sul tema Rai, non dimenticarlo mai, è noto da decenni che serpeggia una certa “voglia di privato” che volta per volta evolve e si modella alle circostanze. Non dimentichiamo Prodi e i pruriti di privato, non dimentichiamo il referendum sostenuto (e vinto) dal PdS e poi disatteso. Non dimentichiamo la Legge Renzi. Lo stesso Graziano è stato soggetto e partecipe del recente Contratto di Servizio e sappiamo bene cosa contiene e come è andato a finire.

Tanto per intenderci: sulla Rai quale PD e come si esprime, ad esempio, sul canone? Con Boccia, vicesegretario nazionale, che vorrebbe dichiaratamene abolirlo? Con Nicita, senatore PD, già dimissionario da relatore in Vigilanza Rai proprio sul Contratto e che a suo tempo ha dichiarato “Per quanto riguarda l’assetto della nuova tivù pubblica, secondo Nicita, “bilanciando le risorse con la mission, si potrebbero prevedere due reti a solo canone, la terza rete o si privatizza o può essere una rete commerciale parzialmente privatizzata” (intervista a Prima). Oppure la Braga, capogruppo alla Camera, oppure Alivernini, portavoce della Schlein, oppure ancora Ruotolo, deputato europeo? Hanno tutti la stessa idea, la stessa “visione” del canone Rai ed è quella che ha espresso ieri Graziano??? Sarebbe utile, e forse necessario sapere “a priori” la proposta unica e organica del PD prima di andare avanti e perdere ulteriore tempo.

Già, andare avanti. Ora la situazione, in sintesi è la seguente. La maggioranza di Governo marcia divisa e colpisce unita: è fermamente intenzionata a portare a casa un risultato sulla Rai, subito, in forma di una nuova legge e in collegato disposto, con la ratifica della Agnes come presidente. Non mollano, anzi, raddoppiano e infittiscono i tempi con il proposito di andare in Aula già a settembre/ottobre. Chi ordisce questa trama e capire se ce la faranno, quando e come è tutto da capire e verificare ma intanto sul loro “tavolo di lavoro” le proposte ci sono fresche fresche depositate in Commissione VIII Senato. Anche loro hanno un “grosso problema” sul canone ma, per ora, lo tengono in disparte: importante è non mollare la presa. A tal punto che, proprio ieri mattina, durante l’ascolto del “tavolo di lavoro” ci giunge una telefonata di un qualificatissimo e autorevole lettore che ci ha informato di uno “sporco lavoretto sottobanco” in corso per trovare i due voti in Vigilanza Rai e far votare la Agnes. Per quanto ci ha riferito, i voti ci sarebbero Vedremo.

Viceversa, l’opposizione non marcia proprio, forse è divisa e vorrebbe colpire unita. Non marcia perché, semplicemente, finora le sue proposte che si vorrebbero unificare (2 PD, una AVS e una 5S) nessuno ha il coraggio, la voglia e la forza di dire “buttiamo via tutto e ricominciamo da capo”. Già, ti pare facile, da dove ricominciamo? Dal canone verrebbe subito da dire. E no!!! Visto pure che questo tema è affrontato compiutamente solo dalla proposta 5S. Dalla “missione” verrebbe, viceversa, subito da dire. E no!!! Dalla “governance” (come dispone l’EMFA) ??? E no !!! e così via.

Da tutto si può e si deve iniziare meno che da “tavoli di lavoro” con parole in libertà, senza anima e senza progetto, senza visione e senza prospetto. Nei giorni scorsi il Manifesto ha titolato “Rai, un accordicchio non s’ha da fare, né ora né mai”. Chissà se rivolto solo alla maggioranza: con chi e su cosa si fa l’accordicchio?

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martedì 8 luglio 2025

RAI: lo sprofondo nero


by Bloggorai 

Non ci resta che piangere. La mancanza di una risata la seppellirà. Parliamo di Rai, di programmi, di prodotti, di contenuti.  A costo di ripetere concetti banali quanto fondamentali: la televisione è ciò che trasmette, la Rai è ciò che propone al suo pubblico, il Servizio Pubblico prestato si materializza con la sua offerta editoriale. La Rai non “produce bulloni” come una volta qualcuno amava affermare, la Rai non dovrebbe “vendere” contatti” alla pubblicità, la Rai non dovrebbe riscuotere solo il “successo” dei “cuoricini cuoricini” di Sanremo e la Rai non misura la sua efficienza con i dati di ascolto. La Rai non sostiene la diffusione di malattie sociali come la ludopatia pur di portare a casa i soldi dei “pacchi” di RaiUno. La Rai non dovrebbe gongolare per il premio di trasmissione dell’anno a Belve. La Rai, infine, non dovrebbe essere vittima e succube dello strapotere editoriale degli agenti artistici e delle case di produzione esterne, veri padroni del palinsesto. E nessuno ci venga a dire che questo è un fenomeno nuovo.

Eppure, tutto questo tema, questa riflessione, passa quasi inosservata, sottotraccia, senza sollevare battito di ciglio. Tutti presi dai grandi temi istituzionali, dalle sfide tecnologiche, dalle incombenze economiche. Oggi riprendiamo pari pari il commento di Aldo Grasso sul Corriere dove si parla di “«Facci ridere», uno dei programmi più brutti della storia Rai”. Lo abbiamo visto anche noi e l’imbarazzo era notevole.  Leggiamo ancora Grasso: “ … è più interessante porsi altre domande: perché la Rai è così allo sbando? Perché i nuovi palinsesti, appena presentati, non hanno nulla di nuovo e, per ironia della storia (della tv), il volto più esposto è stato quello di Roberto Benigni?”.

Già, perché la Rai è così radicalmente e profondamente allo sbando? Questa è la domanda centrale che Bloggorai ha posto da tempo laddove è del tutto evidente che la risposta non si può e non si deve cercare sole nelle ir/responsabilità e nelle incompetenze o incapacità di Tele Meloni. Come non ricordare che uno dei collaboratori editoriali più vicini all’AD Rossi è Stefano Coletta, considerato “persona di punta dell’ area progressista” tanto da volerlo nominare direttore del “coordinamento generi” dove, tra l’altro, nello stesso documento riservato sui palinsesti si decreta e si scrive nero su bianco il fallimento della “riforma per generi” come lo stesso DG Sergio ha sostento da tempo.

Come appunto abbiamo scritto a proposito del documento riservato sulle linee Guida del Palinsesto 2025-27 il grande “buco nero” dove sprofonda l’Azienda Rai è la sua identità editoriale, come si legge nel documento segnatamente e totalmente smarita per Rai Due e Rai Tre e in parte svanita quella di RaiUno, annegata di repliche e di Techedeche in prima serata. Naufragato il day time ora è a rischio pure il prime time, tenuto a galla da quel poco che passa il convento.  

Bene, oggi da segnalare un’interessante intervista comparsa sul Messaggero a Stefano Graziano, deputato PD in Vigilanza Rai con il titolo “Legge sulla Rai, serve una fondazione e il controllo di qualità sui programmi”. Sulla Fondazione abbiamo detto e scritto chiaro e tondo che si tratta di una porta, un portone, spalancato vero la privatizzazione e nonostante che pure nei giorni scorsi la valutazione negativa su questo concetto sia stata ribadita in occasioni pubbliche, Graziano insiste a riproporlo. Esattamente su questi temi, su questi punti che è difficile “trovare una quadra” all’interno dell’opposizione laddove sappiamo da tempo che non sono pochi in area “dem” coloro che sono rimasti affascinati dal tema privatizzazione: ricordate il referendum e chi lo ha sostenuto? Ricordate le “suggestioni di Prodi? Ricordate Boccia (attuale vicesegretario PD) e la sua idea di canone? Sostiene Graziano: “Quindi c'è modo di trovare la quadra? «Faccio notare che oggi è la maggioranza a essere divisa in tre: Fratelli d'Italia che vuole occupare la Rai, Forza Italia preoccupata dalla dinamica pubblicitaria, e la Lega che vuole privatizzare e regionalizzare il servizio». Non è vero, caro Graziano che è solo la maggioranza ad essere divisa in tre. Ad esempio, sul tema numero 1, il primo in assoluto, il canone, Il PD è diviso almeno in due, come forse lo è il M5S che vorrebbe abolirlo del tutto e non sappiamo, non abbiamo bene capito come la vede AVS la cui proposta in Senato non ne parla proprio. Con questi chiari di luna, con questi lodevoli propositi, hai voglia a “lavorare sui tavoli”. Tanti auguri.

Però un punto a favore Graziano lo merita quando affronta il tema del prodotto Tv e sostiene “Servirebbe un monitoraggio qualitativo dei programmi televisivi. L'unico modo per rendere davvero trasparente e chiaro il servizio”. Il concetto non è chiaro, anzi. Però intanto è interessante sollevare il problema e dibatterne. Poi, si vedrà.

Chiudiamo: la maggioranza sembra avere le idee chiare. Ieri abbiamo letto una nota ANSA: “Roberto Rosso, capogruppo di Forza Italia in Commissione di Vigilanza e relatore del testo della riforma Rai insieme al presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato Claudio Fazzone, spiega all'ANSA i tempi di approvazione della riforma della Rai, ora che la discussione sembra entrare nel vivo.   L'8 agosto è prevista l'entrata in vigore del Media FreedomAct, la normativa europea che, tra le altre cose, prescrive che venga garantita autonomia dei servizi pubblici dai governi. L'opposizione da tempo protesta per la lentezza dell'iter, evocando il rischio di un'infrazione europea. L'infrazione non è certo automatica - sostiene Rosso -. Possono passare anche anni prima che venga erogata. In ogni modo l'obiettivo è che a settembre la riforma possa arrivare in aula al Senato, per poi passare alla Camera e far sì che entro fine anno diventi legge".

Corri riforma ... corri … corri.

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lunedì 7 luglio 2025

RAI: la palude oltre la riforma

by Bloggorai ©

Questa mattina, questa settimana, non sembra iniziare nel migliore dei modi. Il clima non aiuta e le notizie non sono confortanti. La sola che merita attenzione è un lungo e dettagliato articolo di Lisa Di Giuseppe su Domani con il titolo “Effetto Marano sulla Rai. La Lega rafforza il suo potere”.

Diciamo subito: è un quadro urticante, deprimente e sconfortante soprattutto perché illumina compiutamente e ancora una volta quanto era noto da sempre. Si racconta e si descrive meglio di ogni argomentazione “politica” la giungla della RAI (Treccani: 2. fig. a. Luogo o ambiente in cui dominano la violenza e la lotta spietata per il predominio degli uni sugli altri”. La descrizione che ne viene fatta è una fotografia attendibile e veritiera di una palude antica, fumosa e fangosa, dove vivono e pascolano indisturbati partiti e combriccole di potere e dove ormai si è calcificata una “cultura” aziendale dove bene che vada prevale “ognuno per se e Dio (o una riforma) per tutti”. Non è solo una giungla, è una palude.

Una povertà di pensiero, di idee, di progetti e di visioni raramente si è vista in tanti anni di Rai. E non riguarda solo “tele Meloni”.

Non è solo un problema di Rossi contro Marano o Marano alleato di Sergio, o di tutti e tre l’uno contro l’altro con le rispettive bande al seguito. Non è un problema di “riforma” più o meno condivisa su cosa e da chi e di quando ci potrà mai essere. Non è più un problema di stabilità delle risorse economiche. Forse, è solo e semplicemente un problema di “risorse umane”, forse è solo e semplicemente un problema di “personale politico” o, se vogliamo essere più raffinati, di “cultura aziendale del Servizio Pubblico” che da anni, decenni, è stata spianata e piallata, avvilita e resa sorda, muta e cieca in nome dell’interesse privato prevalente su quello pubblico. Non è solo un problema del “foggiano di Varese” contro l’uomo con la giacchetta marroncina e l’uomo con la “… camicia con cravatta blu fantasia sfoggiata dall'ad Giampaolo Rossi”.

Si è diffuso un morbo, è cresciuto un virus perfido e malvagio che ha travalicato financo i confini della cultura Rai di “destra” e si è insinuato, subdolo, anche in quella di “sinistra”. Se vogliamo proseguire con la metafora, il “virus di destra” non ha incontrato robusti “anticorpi di sinistra”. Nessuno ha sperimentato una terapia di contrasto, di “opposizione” forte e trasparente. Il virus si è diffuso ed ora è difficile arginarlo.

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domenica 6 luglio 2025

RAI: la "riforma" in riva al mare

by Bloggorai ©

Bloggorai è “solitamente bene informato” ed è in grado di "connettere i punti". Lo è perché da oltre sette anni ha stabilito un rapporto fiduciario con le sue lettrici e i suoi lettori: cerca di non vendere acqua fresca, cerca di non confondere lucciole per lanterne e non è ascrivibile a nessuna “quota” dell’opposizione pur ritenendosi parte attiva nello stesso campo. Lo è pure perché le fonti di Bloggorai sono anzitutto autorevoli e qualificate e poi altrettanto “solitamente bene informate” e raramente ci hanno deluso. Semmai, non scriviamo tutto che dovremmo e tutto quello cha sappiamo (e sappiamo molto) proprio per tutelarle e, almeno, finora, ci siamo riusciti benissimo. Se abbiamo riferito della possibile notizia dell’uscita di Sergio dalla Rai abbiamo ritenuto attendibili le nostre fonti.

Poi, come noto, con un pizzico di giustificata presunzione, Bloggorai si ritiene molto “esperto” di riforma Rai molto più di tanti sprovveduti allo sbaraglio che si ascoltano in giro. Allora, a questo proposito, già da tempo abbiamo concentrato l’attenzione su due aspetti cruciali: la “destra” ha fretta di chiudere (come già avvenuto nel recente passato con il Contratto di Servizio e poi con le nomine in Cda) e la “sinistra” non sa da che parte iniziare. Chi sostiene che l’opposizione ha già fatto la sua parte presentando proposte di riforma mente sapendo di mentire. Obbligatorio ribadirlo: delle 4 presentate in Senato solo quella del M5S è recente e tiene conto dell’EMFA, le altre 3 lo hanno beatamente ignorato come pure nelle loro proposte il tema fondamentale del canone è largamente disatteso. Quindi: carta straccia! Punto, a capo.

Il “capo” di oggi è una interessante intervista al senatore Gasparri comparsa sul Messaggero con il titolo “Riforma della Rai entro fine anno. Stop alle nomine fatte dal governo”. Letto così suscita benevola attenzione e ci metteremmo la firma subito. Leggiamo qualcosa a proposito del prossimo 8 agosto: “I tempi di una procedura di infrazione europea sono biblici, pari a quelli di un processo civile. Semmai l'Ue l'avvierà, arriverà a conclusione quando noi ci saremo già dotati di una legge da un pezzo” e forse Gasparri su questo punto ha pure ragione. Poi in merito ai tempi della riforma sostiene “Considererei un grande successo se prima della pausa estiva la Commissione del Senato raggiungesse una qualche sintesi. Poi ci sarà l'Aula, dunque il passaggio alla Camera. Io vedo e confido in fine anno”. Bizzarria … ma vedremo che qualcosa ci potrebbe essere dietro. Poi ancora: “Come Fi presentiamo un'altra pdl per la nomina del Cda che va a rispettare ancor più i dettati ciel Freedom Act. Portiamo a 5 anni la durata del board (oggi a 3, ndr), prevediamo che dei 7 consiglieri uno continui a essere scelto dal personale Rai, gli altri 6 vengano eletti dal Parlamento, recidendo il legame con il governo che attualmente ne nomina due, tra cui l'AD”. Interessante e però dimentica un passaggio fondamentale: la nomina del Presidente che, secondo la sua proposta dovrebbe essere non più ratificato in Vigilanza con i due terzi dei voti ma con maggioranza semplice: ovvero, la maggioranza piglia tutto. Trappola mortale, peggio di prima. Poi tocca il cuore del problema: le risorse economiche: canone pubblicità e sostiene “Noi abbiamo proposto tagli mai superiori al 5%. La Rai è un'azienda, deve sapere come finanziarsi. … Il tetto della pubblicità attualmente è più basso rispetto a quello delle eminenze private. Se noi l'aumentassimo, mi creda Mediaset sopravvivrebbe lo stesso, perché ormai è un'azienda orientata sulla crescita internazionale”. Infine, il colpo grosso: “Un conto è fare una legge che tenga conto delle indicazioni europee, altro è la nomina del presidente ….  la Rai avrebbe bisogno di un presidente nella pienezza delle sue funzioni. Detto ciò, l'azienda funziona lo stesso e con ottimi risultati. Ma per noi resta Agnes il migliore nome sul campo”. Doppio punto e a capo.

Anche questo lo abbiamo scritto da tempo: sapevamo che i partiti di governo erano pronti ad una spinta a chiudere la partita prima possibile. Nel giro di tre settimane sono giunte tre proposte di Legge (l’ultima fresca fresca è della Lega presentata venerdì scorso). Ora che questa fretta si possa tradurre in un percorso parlamentare diverso dal dibattito in Commissione Senato è tutto da verificare. Tra l’altro, la prossima settimana era previsto il proseguimento delle audizioni (peraltro ai limiti dell’inutile e irrilevanza) e invece tutto svanito: si occuperanno di “enti parchi” e “fauna selvatica”.

Morale della favola: i messaggi provenienti dal Governo sono forti e chiari, quelli dell’opposizione inesistenti. Sapevamo di un “incontro” previsto nei prossimi giorni ma, al momento, non si nulla su chi promuove, chi partecipa e di cosa si dovrà dibattere.

Andiamo avanti. Leggiamo oggi su Il Tempo un titolo interessante “Il futuro della tv pubblica. Quella «pazza idea» di Renzi «Privatizziamo un canale Rai. La proposta durante l'assemblea lV per risolvere lo stallo in Vigilanza. E nel frattempo su viale Mazzini incombe l'European Freedom Act”. Boom !!! Sarebbe quasi uno “scambio merci”: una rete in cambio della Presidente Agnes (leggiamo pure “stimatissima in Europa” !!! sic !!!).  Fenomenale. Nessuno ci aveva pensato prima. Quasi geniale e leggiamo ancora “… uscendo dall'assemblea, l'ex primo ministro ha dichiarato: «Bobo [Giachetti ndr} ha ragione. Se la maggioranza non ricomincerà a rispettare la legge e la commissione di Vigilanza dovremo portare la richiesta di privatizzare almeno un altro canale della Rai”. Purtroppo non ci dice quale canale e come e quando potrebbe avvenire una cosetta del genere. Che peccato, poteva essere un’idea sorprendente, oltre l’immaginabile. A nessun altro poteva venire in mente.

Fa caldo, molto caldo.

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Post in arrivo...

 Rimanete molto sintonizzati...

Importanti novità in arrivo 

sabato 5 luglio 2025

RAI: dove ha fallito e fallisce ancora il centrosinistra?

by Bloggorai ©

Nei giorni scorsi abbiamo citato il libro di Carlo Rognoni, “Inferno Tv” dove, al capitolo 13, pone una domanda fondamentale: “Dove ha sbagliato il centrosinistra? Perché ha fallito nell’impresa di dare al Paese una buona lege di riforma?”. Sono trascorsi oltre 20 anni e la domanda è ancora centrale e non ha trovato adeguata risposta e, anzi, è aggravata dal fatto che il “centrosinistra” pochi anni dopo la famigerata Legge 112 del 2004 a firma Gasparri ha saputo solo partorire il trappolone della Legge 220 a firma Renzi (PD) del 2015.

Su questo fronte ognuno ha le sue risposte e le sue responsabilità (gravi) ma tutte conducono ad una sola traccia comune: il centrosinistra ha perso sulla Rai, sul Servizio Pubblico Radiotelevisivo, perché ha aperto praterie alla destra “televisiva” ma ha perso, purtroppo, anche nel Paese dove la destra ha semplicemente occupato lo spazio politico lasciato libero dal centrosinistra. “Tele Meloni” non è un’invenzione linguistica contemporanea: prima c’era “Tele Berlusconi” ed è difficile ora stabilire cosa era peggio o meglio tra i due. Il centrosinistra ha perso poi non solo sulla mancata normazione, ha perso sull’incapacità di rendere il canone stabile e garantito, ma ha perso anche sul “prodotto”, sull’offerta editoriale, sui contenuti ovvero sula materia prima della televisione, sostanzialmente sulla “missione” del Servizio Pubblico: vedi pure la chiusura del Contratto di Servizio oggi in vigore.  Su questo fronte non si sente bisbigliare una parola, come se la Rai non la vedesse nessuno, come se i programmi, se le trasmissioni e i Tg fossero argomenti irrilevanti. Perché tanta cronaca nera sugli schermi Rai? Come si legge il “successo” di Sanremo, di “Mare fuori” o di “Belve”? Se vogliamo metterla in termini più “istituzionali”: come si applica, come si declina, il Contratto di Servizio nella definizione del Palinsesto?

Per non dire di quanto abbiamo scritto poi nei giorni scorsi sull’interim assunto da Sergio per il ruolo di CTO che, di fatto, lascia sguarnita l’Azienda di un settore di assoluto rilievo strategico come quello delle Tecnologie. Avete letto che qualcuno ha battuto ciglio o si è accorto di qualcosa? NO! Ecco dove il centrosinistra annega nel nulla e affonda nella palude: irrilevante, la destra in Rai fa quello che vuole senza incontrare ostacoli. Vedi il cambio di rotta sul Rai Way: il Piano Industriale prevedeva una possibile cessione di quote e invece Rossi, senza dire chi e quando ha deciso, vuole invece procedere alla fusione con Rai Way. I consiglieri di “opposizione” hanno saputo, sono intervenuti nei termini previsti dalla Legge “indirizzo, vigilanza e controllo”???

Oggi, in questi giorni, tutta l’opposizione è impantanata proprio in questo suo nulla, nel vuoto cosmico di un qualsivoglia straccio di proposta di riforma comune della Rai. E lo è da anni, da quando sono state depositate in VIII Commissione Senato 4 proposte di cui una sola tiene conto del famigerato e prossimo MFA, quella del M5S a forma Bevilacqua. E non caso è l’unica proposta che affronta radicalmente un pilastro della riforma quale che essa sia: il canone, laddove di fatto lo si vuole abolire del tutto per passare al finanziamento della Rai con la fiscalità generale. Le altre sono ormai da archivio storico. Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro, da noi definito autoreferenziale, di AVS sulla questione Rai. E' intervenuto il firmatario della loro proposta di Legge, Di Cristofaro, che non ha avuto la voglia, la forza e il coraggio di dire semplicemente “la ritiro e ne presento subito una nuova”. Hai voglia oggi a dire che se l’Italia andrà in infrazione comunitaria sull’MFA con il rischio di una multa milionaria, la colpa è solo della destra. Non è vero. Anzi, dobbiamo constatare che propri nel giro di poche settimane tutti i partiti di Governo si sono precipitati a presentare una loro proposta e, giusto proprio ieri pomeriggio abbiamo avuto notizia dell’ultima presentata dalla Lega (Borghesio). Si tratta di una manovra sospetta. Mentre dai partiti di opposizione sappiamo solo che nei prossimi giorni “sarebbe” previsto un “tavolo di lavoro” (???) con il compito di avviare una “riflessione finalizzata a stendere una traccia di proposta di riforma comune”. Auguri! Ottima buona intenzione, staremo a vedere.   

Da quando sono arrivati in Italia i primi segnali di fumo da Bruxelles sull’incombenza del MFA si poteva e doveva fare di più e invece, ancora fino a ieri sera, abbiamo assistito ad un vago balbettio sulle “necessità della riforma”.

Una volta per tutte diciamolo forte e chiaro: se mai il nostro Paese dovesse essere “fuorilegge” perché dall’8 agosto non ha adempiuto all’obbligo previsto dall’EMFA ed ha perso tempo o per inerzia o volontà precisa di questa maggioranza la responsabilità è, ancora una volta, proprio come venti anni addietro, anche del centrosinistra. 

Bloggorai lo scrive da anni: se non ci liberiamo degli scheletri negli armadi (e ce ne sono tanti) non andremo da nessuna parte. Se non ci liberiamo dai personalismi, dai singoli orticelli professorali ricevuti in grazia divina, se non ci liberiamo dall’antico vizio storico della divisione non andremo da nessuna parte. Se non ci liberiamo dei tanti convegnucci dove il ritornello è sempre “Ognuno per se e una riforma per tutti” non andremo da nessuna parte.

Almeno su un punto, uno solo, mettiamoci d’accordo: il canone si o no? La domanda non ha una risposta scontata e forse si può iniziare a discutere proprio e solo da li.

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venerdì 4 luglio 2025

RAI e MFA sulla strada dell'incertezza e della confusione

by Bloggorai ©

Fischi per fiaschi, lucciole per lanterne, tordi per grilli. Con il caldo incombente è facile confondersi e scambiare l’ordine delle cose, la gerarchia dei problemi e provare a cambiare le carte in tavola.

Non molti giorni addietro abbiamo iniziato il Post con queste parole e oggi ci torna utile riproporle. Lo spunto ce lo fornisce un’agenzia letta ieri e un articolo letto oggi.

Premessa: ormai parlare di EMFA è un po' come mettere la rucola pure sul gelato. Posto che non l’hanno vista arrivare: alcune nostre “vedette” a Bruxelles, esperti di Europa e dei vari Consigli, si occupavano di altro mentre altre “vedette”, quando pure se ne sono accorte, se ne sono poi beatamente disinteressate e seppure potevano anticipare quanto disposto dal MFA hanno fatto finta di niente e votato questo Cda. Ciò detto, ora lo sport nazionale è e sarà invocarlo come panacea di tutti i mali, scorciatoia per tutte le manovre politiche e santuario dove invocare tutte le libertà.  Il timore è che ora l’invocazione dell’MFA possa diventare come una foglia di rosmarino, esile e sottile, dietro la quale non c’è nulla. E non c’è nulla su quanto ha disposto e dispone in modo forte e chiaro all’art. 5: la riforma della Rai che non c’è e non ci sarà prima di tanto, tanto tempo.

Allora, ieri abbiamo letto una cosa alquanto bizzarra. Nella lista dei “considerando che” in premessa al Testo Ufficiale n.2024/1083 REGOLAMENTO (UE) 2024/1083 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 aprile 2024 che istituisce un quadro comune per i servizi di media nell’ambito del mercato interno e che modifica la direttiva 2010/13/UE (regolamento europeo sulla libertà dei media) al numero 10 si legge “I fornitori di media di servizio pubblico dovrebbero essere intesi come i fornitori cui è stata affidata una missione di servizio pubblico e che ricevono finanziamenti pubblici per il suo adempimento. Non dovrebbero essere incluse le imprese private del settore dei media che hanno accettato di svolgere, in quanto parte limitata delle loro attività, determinati compiti specifici di interesse generale dietro pagamento”. Qualcuno, esperto, avrebbe letto questo passaggio come una specie di “salvaguardia” per la Rai, per il Servizio Pubblico perché a suo dire, in vista del rinnovo della Concessione del 2027, escluderebbe la possibilità che privati possano accedere al canone.

Eppure, santa pace, leggiamo tutti gli stessi documenti e il testo non lascia margini di dubbio: “non dovrebbero … in quanto parte limitata” che sta a dire semplicemente che qualora un soggetto privato svolgesse per intero la missione di Servizio Pubblico, o si candidasse a farlo in presenza dei requisiti necessari, potrebbe accedere benissimo ai finanziamenti pubblici. O no? Se non che oggi leggiamo che Cairo, La 7, vorrebbe rivendicare una parte del canone in quanto sull’informazione svolge un servizio pubblico (parliamone!!!). In questo caso, applicando alla lettera il “considerando n. 10” il buon Cairo o si assume tutta la baracca Rai o lascia perdere questa partita.

Se non che, e chiudiamo per ora, occorre tenere bene a mente un passaggio della proposta d legge di riforma Rai targata Fratelli d’Italia che dedica molta attenzione al tema “concessione” e “compiti specifici del Servizio Pubblico” da studiare con grande attenzione. Lo abbiamo scritto in epoca non sospetta: la grande guerra sul futuro della Rai certamente inizierà l’8 agosto con l’entrata in vigore del MFA ma la grande battaglia si svolgerà a ridosso della Concessione di aprile 2027.  

Continuate a rimanere sintonizzati … oggi ci sono tante cose interessanti

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giovedì 3 luglio 2025

FLASH: Rai, la "congettura" del pollaio

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“Tu chiamale se vuoi … congettureeee…”. Questa mattina, sul far delle prime ore prima che giunga il gran calore, ve ne proponiamo una fresca fresca (e forse neanche tanto) che proprio perché mera “congettura” può essere fallibile e suscettibile di imponderabilità. Si tratta nienepopodimenoche della prossima “uscita” di Roberto Sergio dalla Rai. Ovviamente, beninteso, non troverete alcuna traccia ufficiale e, anzi, una possibile smentita sarebbe scontata e a portata di mano. Pure beninteso, non abbiamo trovato riscontri su quando potrebbe avvenire qualora la “congettura” fosse vera.

Eppure, fatte i doverosi e necessari riscontri e allargato il raggio delle verifiche, la “congettura” ha evidenziato forti motivi di plausibilità. Anzitutto abbiamo fiducia della nostra fonte, considerata “solitamente molto bene informata” ... molto. Finora, in tanti anni, non ha mai perso un colpo. Si tratta di una fonte con “antenne” assai sensibili, pronte a percepire flebili stormir di fronda. E allora ecco percepire strani silenzi, apparenti distacchi e anomalo disinteresse della DGC su grandi temi che invece gli dovrebbero riguardare molto (non ultimo quello della mancata nomina del CTO di cui ha da poco assunto l’interim... fatto considerato grave, gravissimo!!!). Mentre, al contrario, il nostro sembra soverchio interessato alle vicende di Tele San Marino dove, peraltro, è stato pure insignito nientepopodimenoche dell’Ordine di Cavaliere di Santa qualchecosa. Ci viene ricordato un passaggio cruciale delle ultime settimane del quale abbiamo tracce tangibili. La presentazione dei palinsesti e il famigerato documento “Linee Guida 2025-27” di ben 95 pagine dove pure in buona sostanza, si certifica il fallimento della “riforma per generi”: un tema che lo stesso Sergio ha più volte sollevato riscontrando una sottile opposizione dell’AD che invece si appresta a nominare proprio un suo “superdirettore” (Coletta) di provata fiducia al “coordinamento generi”. Delle due l’una: o i “generi” ci sono e funzionano o non ci sono e non funzionano. Rossi pensa di si e Sergio pensa di no. Nel mezzo c’è solo confusione e incertezza.

Poi ancora, ci viene ricordata la vicenda Rai Pubblicità e sappiamo come è andata a finire.

E qui ora veniamo alla “congettura” politica che, come noto, spesso è anche personale. “In un pollaio ci può stare solo un gallo” come ci ripete la nostra fonte e ora a Via Asiago ce ne sono tre: Rossi, Sergio e Marano, espressioni di “anime” politiche molto diverse e spesso antagoniste. Il primo salito a bordo sull’onda della “filosofia di Colle Oppio” navigato alle vicende Rai fino ad un certo punto, a tal punto che i suoi fidati compagni di viaggio, il suo Capo staff Di Gregorio e il capo delle risorse umane, ci dicono che non godono proprio grandi simpatie all’interno dell’Azienda e faticano a reggere la baracca. Gli altri due invece, Marano e Sergio, sono due vecchi volponi di altra razza politica irrobustita da profonda esperienza e conoscenza della macchina aziendale che invece Rossi stenta ad avere. Marano, il presidente/non presidente, è “pesante e ingombrante, invadente e onnipresente” ovvero tutto ciò che a Rossi fa venire l’orticaria più o meno fatte le debite proporzioni, come Salvini la fa venire alla Meloni. Quanto invece Sergio, morbido e vellutato, si muove benissimo nelle retrovie dove è in grado di tessere i fili “alla vecchia e nobile arte democristiana” ineguagliabile e imparagonabile, alla Gianni Letta per intenderci, grande sponsor della Presidente/nonpresidente Simona Agnes.

Insomma, in due parole, Rossi se ne liberebbe volentieri di entrambi e, non potendo, si accontenterebbe almeno di uno di loro.

Ecco allora emergere un punto, una convergenza e un’opportunità. Il punto si impantana sulla “politica” che non riesce a sbloccare la nomina del Presidente e quindi, giocoforza, Rossi deve fare buon viso a cattivo gioco: Marano per ora non si tocca e rimane presidente. La partita allora si sposta su Sergio. La convergenza invece è di interesse comune: per Rossi di “agevolare” la sua uscita dal Palazzo e per Sergio di garantirsi un futuro roseo e glorioso in vista del suo prossimo pensionamento tra circa un anno. Ecco allora emergere forte e chiara l’opportunità: Rai Way. Attenzione, a Napoli la scorsa settimana Rossi è uscito a sorpresa su questo tema anticipando una decisione che non si sa bene da chi e quando è stata presa: non si parla più di vendita di quote ma di fusione con Ei Towers, proprio come fa tanto piacere ai Fondi. In questo contesto, sappiamo da tempo che un nodo cruciale difficile da risolvere è la “governance” di questa futura società sia in termini di ripartizione di quote, sia di nomi da proporre. A settembre scade il Mou e, per quella data, sarà necessario far uscire allo scoperto qualche “orientamento” ed ecco allora emergere il nome di Sergio che, peraltro, di Rai Way è stato pure presidente. Per inciso, un ruolo del genere si porta a casa un compenso non inferiore ai 500 mila euro come quello percepito dall’attuale AD di Rai Way ovvero più del doppio di quanto oggi Sergio percepisce. Si tratta di un bel bocconcino non foss’altro perché si tratterebbe di un incarico che scavalca di molto il momento dell’uscita formale di Sergio dalla Rai.

Rimanete sintonizzati, la giornata è appena iniziata e abbiamo altri argomenti da proporre molto interessanti.

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La Calda Estate della futura Riforma RAI

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Abbiamo una vaga sensazione: che i meccanismi della memoria, i neuroni cerebrali, siano più efficienti a “destra” piuttosto che a “sinistra”. Sembra che la “destra” è maggiormente in grado di metabolizzare, organizzare e gestire i “ricordi” molto meglio di quanto non sembra capace di fare la “sinistra”.

Allora, complice la calura facciamo cultura. Approfittiamo delle ore in cui dobbiamo stare in casa e non prendere un colpo di sole per rivedere o leggere qualcosa di utile. Ci siamo ritrovati tra le mani un prezioso volume: “Inferno Tv. Berlusconi e la Lege Gasparri” pubblicato nel 2003 a firma di Carlo Rognoni, già senatore DS e consigliere Rai dal 2005 al 2008. Il 17 maggio 2005 la Vigilanza Rai elegge per la maggioranza Bianchi Clerici, Malgieri, Staderini e Urbani e per l'opposizione Curzi, Rizzo Nervo e Rognoni. In una nota del Corriere di quel giorno si legge: “La linea di Prodi resta sempre la stessa: non c'è ancora alcun accordo tra maggioranza e opposizione e non sarà possibile un accordo se la Cdl non avanzerà una proposta condivisibile di due figure di garanzia per la presidenza e per la direzione generale”. L’accordo si concluse con la nomina di Petruccioli presidente e Meocci DG.

Perché è utile fare questi passi indietro e rinfrescare la memoria? Perché, a nostro modesto avviso, si ritrova tutto ciò che sta avvenendo oggi in forma rivista e corretta, aggiornata al nuovo quadro politico. Il volume di Rognoni, al capitolo 13, si sofferma su un tema interessante: “Dove ha sbagliato il centrosinistra?” il tema di fondo è quello posto dal titolo: la Legge Gasparri n. 112 del 2004, la famigerata “legge di sistema” quella del Sic (sistema integrato delle comunicazioni) ovvero la Legge del “mostruoso conflitto di interessi” Berlusconi/Mediaset come Rognoni racconta dettagliatamente nel suo lavoro. Leggiamo: “Perché il centrosinistra quando era al governo non ha fatto una buona legge di riforma del sistema radiotelevisivo? … Tuttavia non è vero che non ci provò… c’è un numero, il “1138”, che negli anni è diventato il simbolo del fallimento, dell’impotenza dei governi Prodi, D’Alema, Amato nel dare una soluzione ad un problema marcio”. 

Quel marcio era, ed è tutt’ora, riferito al conflitto di interessi. Quel “marcio” lo abbiamo ritrovato molti anni addietro, quando arrivò la riforma Renzi, la 220 del 2015, con la quale avvenne il passaggio epocale dell’ingerenza del Governo sulle nomine Rai. Quel “marcio” rischiamo di ritrovarcelo pari pari oggi laddove i temi in ballo sono esattamente gli stessi di quelli raccontati da Rognoni: la riforma, il canone e il Cda Rai. E qualche nome torna sempre in primo piano: Gianni Letta e Maurizio Gasparri. Torniamo al volume: “Era il primo venerdì di settembre 2002 e il Consiglio dei ministri era a convocato nel primo pomeriggio … poco dopo le sette il ministro Gasparri prende la parola e.. quand’ ecco il colpo di scena: Berlusconi con un gesto teatrale da grande istrione, si alza e se ne va … accompagnato dal suo fedele ciambellano Gianni Letta… e sarà lo stesso a pretendere che tutto venga messo a verbale, per dare il massimo dell’ufficialità al gesto”. Non c’è dubbio: la lettura di questo volume è avvincente e di grande pregio: tutto torna, esattamente come abbiamo scritto ieri, un Gioco dell’Oca dove si torna sempre al punto di partenza.

Arriviamo ai giorni nostri, a queste ore. Nei prossimi giorni sapremo il calendario delle prossime audizioni in commissione VIII del Senato. Come pure abbiamo scritto: inutili e irrilevanti o, bene che vada, buone a futura memoria per una riforma lontana a venire. Oggi, nero su bianco, ci sono solo due proposte di riforma che meritano “attenzione” (forse riassumibili in una sola) a firma del “solito noto” Maurizio Gasparri: la n. 1481 dell’8 maggio dove è significativa e rilevante la proposta di nominare il presidente Rai in Vigilanza con la maggioranza semplice invece dei due terzi come oggi si prevede (e come oggi, di fatto, impedisce la nomina della Agnes, fortemente sostenuta da Letta e dal loro partito di riferimento, Forza Italia appunto, di cui Gasparri è autorevole esponente) e quella di Fratelli d’Italia, la n. 1521, dove si propone la stessa modifica. Meritano attenzione solo per questo aspetto specifico che non è poco.

Ora, in giro, con le solite quattro chiacchere al bar del Circolo trattoristi della Bassa Val Tiberina, si avverte una bizzarra puzzetta che non si capisce bene se determinata dal calore estivo o da qualche astuto calcolo politico. Molti, quasi tutti, convergono: la riforma non ci sarà in tempi brevi, è semplicemente impossibile. Ad essere ottimisti, sarà necessario almeno un anno, con buona pace dell’8 agosto e dell’EMFA e di chi vorrà presentare ricorsi non si sa bene dove e contro chi. Allora, ecco lo spunto di ragionamenti che si avvertono sottotraccia: esploriamo altre strade, cerchiamo di rimescolare le carte in tavola o proviamo a fare saltare il banco. 

Per la maggioranza ci potrebbe essere la suggestione, solo quella, di tentare uno “strappo” parlamentare, evitando il lavoro della Commissione e andando direttamente in aula. Difficile ma non impossibile. Per l’opposizione, in mancanza di meglio, si sta facendo strada l’ipotesi di una forte “moral suasion” verso i due consiglieri di Majo e Natale per indurli a dimettersi con la speranza di chiudere la partita con “questo Cda”. Si tratta, per quanto a noi noto, di un’ipotesi suggestiva, praticabile e dai possibili effetti immediati. Ci risulta che in casa PD ci sia qualche mal di pancia e pure in casa M5S si avverte qualche brontolio. C’è pure una terza strada, forse comune ad entrambi gli schieramenti: lasciare tutto com’è, in attesa che i “tempi” possano maturare in altri equilibri ancora sconosciuti. Alla maggioranza, in fin dei conti e tutto sommato, il “presidente” Marano sta bene dov’è e all’opposizione di fare le pulci alla legittimità di questo Cda non sembra esserci grande voglia. Chissà cosa pensano i due consiglieri: Hic manebimus optime? Tanto tanto, è passato quasi un anno da quel famoso 26 settembre 2024.

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mercoledì 2 luglio 2025

RAI: il Gioco dell'Oca senza inizio e senza fine

by Bloggorai ©

Ieri abbiamo assistito alla serie di audizioni previste in Commissione VIII del Senato sulle proposte di riforma Rai. Ci risparmiamo commenti: imbarazzante. Lo scriviamo chiaro e tondo e lo diciamo forte e chiaro: per quanto noto, per quanto abbiamo visto e sappiamo la riforma Rai non ci sarà per quest’anno e nessuno può essere certo che ci potrà essere per il prossimo anno. 

Non ci sarà applicazione dell’EMFA dal prossimo 8 agosto e non ci sarà certezza del quadro giuridico e, di conseguenza, non ci saranno certezze sulle risorse economiche per il prossimo anno con tutto ciò che ne consegue. E nessuno è in grado di sapere se, come e quando si potrà avere un Presidente Rai nel pieno dei suoi poteri come dispone la Legge attuale. E nessuno che si pone la briga di sollevare il dubbio di legittimità di questo Cda. Il gioco dell’Oca ci porta sempre allo stesso punto: fermi, immobili se tutto va bene e se va male si torna indietro al punto di partenza. Ovvero dal 26 settembre 2024.

Forse, più che un Gioco dell’Oca si dovrebbe utilizzare la figura del Labirinto dove si sa da che parte si entra ma non si sa da che parte si esce e non c’è nessun filo di Arianna a guidarci.

Lo abbiamo scritto in passato e lo ribadiamo oggi: non ci sono le condizioni, i presupposti, il quadro e il contesto politico per avviare un percorso di riforma che possa godere un consenso parlamentare superiore all’area di Governo. Non ci sono oggi ma non c’erano anche nei mesi e negli anni scorsi.

Maggioranza e opposizione stanno dando visibili segnali di confusione e incertezza, ad essere ottimisti e non volere essere invece “complottisti”. In entrambi gli schieramenti convivono “anime” diverse e conflittuali tra loro, ad esempio sul terreno più rilevante: le risorse, ovvero canone si o canone no. Tra i partiti di maggioranza è noto che la Lega lo vorrebbe abolire (proposta di Legge per la riduzione progressiva del 20% annuo) e Forza Italia che invece non ci pensa proprio, anzi. Allo stesso modo, tra i partiti di opposizione c’è chi vorrebbe abolirlo del tutto (proposta M5S Bevilacqua) e forse una parte del PD che “nonsisabenecosavuole” con il suo Vicesegretario nazionale, Boccia, che ha detto chiaro e tondo “Non penso sia più tollerabile un canone, al tempo della società digitale, interamente assorbito dalla Rai”.

Non solo e non basta la confusione interna ai due schieramenti ma c’è anche quella trasversale che li accomuna. Di che riforma si vuole parlare e quali possono essere le “aree” di convergenza tra le compagini?  Di una riforma che interessa la sola Rai e il suo Cda oppure dell’intero sistema delle telecomunicazioni? E, se volessimo limitarci alla sola Rai, da dove si dovrebbe iniziare a discutere? Dai meccanismi di nomine dei suoi organi di gestione o anzitutto dalla diversa “missione di Servizio Pubblico” che si dovrebbe porre, anche in vista della scadenza della Concessione del 2027? Al momento, delle 9 proposte in discussione al Senato, non una ha una visione strategica sul futuro della Rai ed anzi alcune, quelle di area opposizione sono quasi carta straccia.

Come uscirne, come fare un passo avanti? Testa bassa, ammissione di colpa (grave) e maniche rimboccate subito. I partiti di opposizione si dovrebbero chiudere in una stanza e buttare la chiave per poterla riaprire solo quando hanno raggiunto uno straccio di accordo per poi ritirare le loro quattro proposte e presentane una nuova a firma congiunta e con quella aprire la trattativa con la maggioranza. Sempre consapevoli che non potrà e non dovrà mai essere una riforma a tempo determinato e sovranità limitata. Una proposta di riforma di “bandiera” quale che essa sia non andrà da nessuna parte. Buon lavoro!!!

Come vi avevamo anticipato a suo tempo, dal primo luglio la Rai non ha più il CTO e il suo ruolo è stato assorbito ad interim dal DG Roberto Sergio. Brutto segnale, pessimo. C’erano tre possibilità: la prima era nominare un successore di Ciccotti (e c’erano nomi adeguati); cercare un nome esterno e, infine, abolire il ruolo del CTO e disseminare le sue competenze in tante altre direzioni. Tanto per fare una cosa nuova e tanto per ribadire lo stato confusionale in cui versa l’Azienda, è stato deciso di non decidere e questa decisione non riguarda un settore marginale, secondario, degli interessi Rai ma uno dei suoi pilastri fondamentali, di assoluto rilievo strategico. Quando si tratta di fare nomine compiacenti (vedi comunicazione e dintorni) sono rapidi come fulmini di guerra. Nel frattempo si viene a sapere che l’AD Rossi ha deciso (da solo o in compagnia del Cda?) che Rai Way non deve “solo” vendere una quota delle sue azioni, come previsto dal Piano Industriale, ma procedere con la fusione con Ei Towers, operazione tanto a cuore ai Fondi e molto gradita a Mediaset. 

Giusta o sbagliata che sia, in quale contesto si colloca questa vicenda? L’AD di Rai Way, Roberto Cecatto, considerato in "quota" lega, il prossimo febbraio sarà fuori per raggiuti limiti di età e, per quanto sappiamo, non avrà ruolo in questa partita e dovrà abbandonare il suo lauto compenso di oltre 500 mila euro (il doppio di Rossi). Una poltrona molto appetibile.

Sappiamo solo che il tavolo Rai Way è “uscito da Via Asiago” e i giocatori hanno altri interessi, diversi e distinti da quelli dalla Rai, con l’aggiunta e aggravante di evidenti complicità interne a Via Asiago perché altrimenti non si capisce perché nessuno mette in discussione il  notevole “canone “ di oltre 210 mln che Rai paga a Rai Way quando, è noto, che lo stesso servizio a valori di mercato costa almeno 100mln meno.

Anche Bloggorai partecipa al gioco dell’Oca e torniamo al punto di partenza: che ci stanno a fare i consiglieri “di opposizione” se non per esercitare il diritto/dovere di indirizzo, sorveglianza e controllo? Abbiamo una forte e solida impressione che non è più solo l’Usigrai, Giovanni Valentini su Il Fatto e Bloggorai a chiedere le loro dimissioni subito, ma anche alcuni parlamentari “amici” si stanno ponendo lo stesso dubbio.

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