mercoledì 10 dicembre 2025

La Tv e il suo doppio ... tra il bene e il male

By Bloggorai ©

Così addio speranza, e con la speranza, 

paura addio,

Addio rimorso: ogni bene a me è perduto:

Male, sii tu il mio bene

John Milton, Il Paradiso perduto, Libro IV

Proseguiamo sul racconto del male in Tv. “La cronaca nera imperversa, nei podcast e nelle trasmissioni pomeridiane della tv. Perché? «Il crime funziona sempre, perché è una sorta di matrice narrativa, implicita nella meccanica stessa degli eventi. Ogni caso giudiziario, e ogni sua narrazione, si apre con un omicidio: e che cos’è l’omicidio se non quella “rottura dell’equilibrio” che per lo strutturalismo e la critica formalista dà il via all’azione, costituendo la prima di una serie di tappe obbligate che rendono il racconto efficace?»”. Questo testo lo abbiamo ripreso da una lunga intervista a Carlo Freccero comparsa su Vanity Fair e ripresa integralmente ieri da Dagospia e, ovviamente, non pubblicata nella ristretta e rassegnata Rassegna Stampa Rai relegata ai pochi ma buoni 250 lettori.

Vedi il testo integrale:  https://www.dagospia.com/media-tv/carlo-freccero-in-cattedra-telemeloni-esiste-come-esistite-telerenzi-456718 suggeriamo di leggerlo integralmente.

Si può condividere o meno ma certamente Freccero è tra i pochi “sopravvissuti” ad un’epoca Rai, un’epoca del Servizio Pubblico, ormai passato alla storia e in via di estinzione. Quasi più nessuno oggi è in grado di intervenire, di proporre riflessioni rilevanti e significative e meritevoli di attenzione. Bene che vada, succede che si svolge qualche incontro tra quattro gatti e due “esperti” che durano lo spazio di un breve mattino. Dopo di che, il deserto cosparso di sale grosso.

A proposito di insegnamenti,  può essere utile un piccolo ma rilevante passo indietro, al 1996, quando Karl Popper scrive “Cattiva maestra televisione” dove leggiamo “... la televisione, potenzialmente certo, così come è una tremenda forza per il male potrebbe essere una tremenda forza per il bene. Potrebbe, ma è assai improbabile che questo accada. La ragione è che il compito di diventare una forza culturale per il bene è terribilmente difficile”.

La riflessione sul racconto del male in Tv e, segnatamente dal ruolo svolto dalla Rai, riprende dagli anni ’80 caratterizzati fortemente dall’avvento e successivo consolidamento della serialità di genere “crime”. Prima però proponiamo di utilizzare una chiave di interpretazione con un testo di Mario Morcellini del 2013: “Le storie tese. Una critica al racconto dei media dell’Italia di oggi”. Nell’introduzione al tema della narrazione del crimine mediatico leggiamo: “L’insostenibile leggerezza della modernità. Di fronte alla crisi, e concretamente all’apparire dei singoli e continui strappi percettivi all’ordine normale della vita, che mascherano altrettanto profondi strappi della realtà, può sembrare che il sociologo abbia sempre la stessa spiegazione: l’anomia. Altre volte, e in particolare quando il discorso non si pone al livello degli studi e dell’opinione pubblica colta, l’adagio ricorrente diventa: è colpa della crisi dei valori”... “La comunicazione contemporanea lucra sulla crisi, che funziona quasi come un eccitante, un doping per i generi e i linguaggi della comunicazione al potere. Lo è ancor più perché, come vedremo, tutta la comunicazione sembra intessersi e quasi drogarsi della parola e dei sinonimi della crisi, al punto che possiamo serenamente dire che il cantico della crisi è il tessuto moderno dei media”… e più avanti “Nella rappresentazione mediale è diventato plausibile – e a volte persino utile – trovare giustificazioni al male, soprattutto se queste ultime chiamano in causa spiegazioni individuali e di tipo psicologico, quasi a dire che è comunque possibile individuare le più svariate motivazioni soggettive come cause “quasi ammissibili” di un crimine. La follia, l’invidia, l’ira, l’interesse economico o familistico vengono talvolta evocati dai media se non in termini di una piena assoluzione morale quantomeno come motivi “umanamente” comprensibili dell’azione criminale”… “La cronaca nera trionfa nei momenti di crisi sociale: su questo l’abbondanza di prove storiche non lascia margini al dubbio. Non è un prodotto dello sviluppo ma è un indicatore del sottosviluppo culturale, forse anche della crisi delle relazioni interpersonali. Spesso, la ferocia dei media è più terrificante nelle aree di deprivazione culturale” per concludere, infine con “Questo progressivo spostamento del registro comunicativo sulla spettacolarizzazione e sulla personalizzazione del crimine mette in luce un problema che è mediale ma soprattutto sociale. Perché una narrazione del cambiamento che avvenga soltanto attraverso la cornice della cronaca nera e dell’alterità come rischio ci espone alla possibilità di contribuire al declino della società ed all’incattivimento delle persone.  Definire i media come una “fabbrica della paura” può apparire come un approccio troppo positivistico, perché in una società complessa come la nostra è difficile credere che possa esserci un solo soggetto responsabile di una rappresentazione.  Ma è una formula che nel suo schematismo ha una sua plausibilità: nella percezione dell’opinione pubblica appare infatti chiaro come i media sembrino particolarmente responsabili di un innalzamento dei decibel sul crimine”.

Rientriamo nella storia. Lasciato alle spalle quello considerato forse il mito fondativo della fine degli anni ‘70, Il tenente Colombo, andato in onda prima su Rai Due e successivamente su Mediaset, inizia nel 1979 l’era dell’Ispettore Derrick, una produzione tedesca di enorme successo. Contestualmente, nel 1984 inizia la serie iconica del genere italiano: La Piovra che raccoglie subito un vastissimo consenso di pubblico con punte di oltre dieci milioni di telespettatori a puntata. La serie si interrompe nel 2003 quando Silvio Berlusconi dichiarò che “Se trovo chi ha fatto le serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo". La “politica” prende forma e si intromette nella “narrazione” televisiva e il tema “crimine” assume le sembianze che, come abbiamo accennato, diventa la “Fabbrica della paura” come venne definita dal Censis nel 2008.

Segue …

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