lunedì 15 dicembre 2025

Ogni giorno ... nella nostra Savana ...

By Bloggorai ©

Ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e si pone problemi. Ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e si chiede quale potrebbe essere il “ruolo” ovvero il futuro della Rai o del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Magari non trovando facile ed immediata risposta, si pone il dubbio se chiedere conforto e progetto all’IA, visto che l’Intelligenza Naturale non è in grado di rispondere: vedi riforma Rai prossima ventura, vedi la figura del “presidente” protempore, vedi la mancata applicazione dell’EMFA e così via trotterellando.

Viceversa, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sull’informazione: che fine ha fatto l’indignazione sull’attentato a Ranucci? Cosa sappiamo sulle quattro puntate di Report soppresse e il ripristino al lunedì della trasmissione? Perché “Petrolio” non va più in onda? È vero o non è vero che “Il fattore Umano” corre il rischio di non andare più in onda perché la Rai non ha la “copertura finanziaria” (35 mila euro a puntata? È vero o non è vero che “Far West” in onda su Rai Tre fa ascolti da prefisso telefonico al costo modico di 400 mila Euro? È vero o non è vero che una certa Monica Setta va in onda contemporaneamente su Rai Uno e Rai Due? Per non dire del suo prezioso contributo su Radio Rai? E così via trotterellando nella nostra Savana. Nota a margine: Mediaset sta pensando all’informazione regionale.

Ancora, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul futuro economico dell’Azienda. Ci sarà o meno il minacciato taglio di 30 milioni (10 per anno) dalle risorse previste dal canone? Come si prospetta il bilancio di fine anno e in che termini, con quali certezze di risorse si può progettare il futuro? Quali sono le “ottimizzazioni” e le razionalizzazioni della spesa che da anni richiede la Corte dei Conti? A che punto è il Piano Immobiliare? E, in particolare, a che punto è la “faccenda” della vendita scellerata di Corso Sempione per passare a Mecenate e poi da Mecenate a Portello? Vendere per andare in affitto in altra sede? Già che parliamo di immobili: ci sono le risorse (120 milioni) per avviare la ristrutturazione di Viale Mazzini? E, già che ci siamo sui “piani”: il famigerato Piano Industriale, i fantascientifici “KPI”, la stratosferica Digital Media Company (mi raccomando: non di Servizio Pubblico, non si sa mai che qualcuno poi ci crede) che fine hanno fatto? Nota margine: la vendita/cessione di quote Rai Way sono svanite nella nebbia e il MoU è stato rinvito a tempi migliori. Sono quasi 10 anni che se ne parla.

Ancora, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul futuro editoriale dell’Azienda. Ogni giorno, nella nostra Savana, intorno alle 10.15 Auditel ci conferma che gli ascolti Rai vanno maluccio. Ogni tre mesi il Report AgCom ci conferma che la Rai perde telespettatori come se non ci fosse un domani. Il “domani” editoriale” della Rai è sempre rivolto al passato remoto o lontano: fa festa con Sandokan, brinda con Montalbano e si esalta con Ballando con le Stelle e quando pure cercano di guardare avanti con "Sarà Sanremo" inonda ieri sera su Rai Uno sono costretti a piombare nel baratro di ascolti da dimenticare (12,3% di share e 1,7 mln). 

Ad un certo punto, nella nostra Savana, si fa buio. Qualcuno dorme.

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ps. segue "il racconto del male".

Il crimine in Tv è un "fatto" politico???

 

giovedì 11 dicembre 2025

piano piano... un mattoncino alla volta ... prima o poi crolla

By Bloggorai ©

54 blocchetti di legno impilati, a strati di tre, per costruire una torre. Il gioco consiste nel togliere un mattoncino alla volta a turno per ogni giocatore. Vince quello che ha sottratto il pezzo prima che la torre crolli. È un gioco che non richiede particolari abilità: è sufficiente fare attenzione e delicatezza con le mani.

Sembra la metafora perfetta per descrivere lo stato comatoso e traballante del Servizio Pubblico in questi tempi. Non ne va più bene una. Ripropongono Sandokan dopo 50 anni, strombazzano un grande successo e nel giro di una settimana si perdono oltre un milione di telespettatori. Ripropongono, come da molti anni, la prima della Scala e se ne vanno mezzo milione rispetto all’anno precedente e un milione rispetto a dieci anni addietro.  Ripropongono Benigni ieri sera su RaiUno con Pietro e si perde altro mezzo milione rispetto alla trasmissione precedente, il Sogno, e ben 5 milioni rispetto ai 10 Comandamenti del 2014 o al Canto dei Cantici del 2020. 

Ripropongono ... ripropongono. Che faranno quando non sapranno più cosa riproporre o quando il pubblico ormai esaurito almeno dal punto di vista generazionale andrà da altre parti, come già avviene?   

Per abbassare il tono, il volume, l’impegno e il ruolo del Servizio Pubblico non è necessario un colpo di mano, un Telemeloni di turno che dir si voglia. È sufficiente un colpetto alla volta, un mattoncino dietro l’altro.

Non è più la Rai di una volta … e ci si crede bene che hanno tolto la Rassegna Stampa ai dipendenti e nessuno batte ciglio.

bloggorai@gmail.com 

mercoledì 10 dicembre 2025

La Tv e il suo doppio ... tra il bene e il male

By Bloggorai ©

Così addio speranza, e con la speranza, 

paura addio,

Addio rimorso: ogni bene a me è perduto:

Male, sii tu il mio bene

John Milton, Il Paradiso perduto, Libro IV

Proseguiamo sul racconto del male in Tv. “La cronaca nera imperversa, nei podcast e nelle trasmissioni pomeridiane della tv. Perché? «Il crime funziona sempre, perché è una sorta di matrice narrativa, implicita nella meccanica stessa degli eventi. Ogni caso giudiziario, e ogni sua narrazione, si apre con un omicidio: e che cos’è l’omicidio se non quella “rottura dell’equilibrio” che per lo strutturalismo e la critica formalista dà il via all’azione, costituendo la prima di una serie di tappe obbligate che rendono il racconto efficace?»”. Questo testo lo abbiamo ripreso da una lunga intervista a Carlo Freccero comparsa su Vanity Fair e ripresa integralmente ieri da Dagospia e, ovviamente, non pubblicata nella ristretta e rassegnata Rassegna Stampa Rai relegata ai pochi ma buoni 250 lettori.

Vedi il testo integrale:  https://www.dagospia.com/media-tv/carlo-freccero-in-cattedra-telemeloni-esiste-come-esistite-telerenzi-456718 suggeriamo di leggerlo integralmente.

Si può condividere o meno ma certamente Freccero è tra i pochi “sopravvissuti” ad un’epoca Rai, un’epoca del Servizio Pubblico, ormai passato alla storia e in via di estinzione. Quasi più nessuno oggi è in grado di intervenire, di proporre riflessioni rilevanti e significative e meritevoli di attenzione. Bene che vada, succede che si svolge qualche incontro tra quattro gatti e due “esperti” che durano lo spazio di un breve mattino. Dopo di che, il deserto cosparso di sale grosso.

A proposito di insegnamenti,  può essere utile un piccolo ma rilevante passo indietro, al 1996, quando Karl Popper scrive “Cattiva maestra televisione” dove leggiamo “... la televisione, potenzialmente certo, così come è una tremenda forza per il male potrebbe essere una tremenda forza per il bene. Potrebbe, ma è assai improbabile che questo accada. La ragione è che il compito di diventare una forza culturale per il bene è terribilmente difficile”.

La riflessione sul racconto del male in Tv e, segnatamente dal ruolo svolto dalla Rai, riprende dagli anni ’80 caratterizzati fortemente dall’avvento e successivo consolidamento della serialità di genere “crime”. Prima però proponiamo di utilizzare una chiave di interpretazione con un testo di Mario Morcellini del 2013: “Le storie tese. Una critica al racconto dei media dell’Italia di oggi”. Nell’introduzione al tema della narrazione del crimine mediatico leggiamo: “L’insostenibile leggerezza della modernità. Di fronte alla crisi, e concretamente all’apparire dei singoli e continui strappi percettivi all’ordine normale della vita, che mascherano altrettanto profondi strappi della realtà, può sembrare che il sociologo abbia sempre la stessa spiegazione: l’anomia. Altre volte, e in particolare quando il discorso non si pone al livello degli studi e dell’opinione pubblica colta, l’adagio ricorrente diventa: è colpa della crisi dei valori”... “La comunicazione contemporanea lucra sulla crisi, che funziona quasi come un eccitante, un doping per i generi e i linguaggi della comunicazione al potere. Lo è ancor più perché, come vedremo, tutta la comunicazione sembra intessersi e quasi drogarsi della parola e dei sinonimi della crisi, al punto che possiamo serenamente dire che il cantico della crisi è il tessuto moderno dei media”… e più avanti “Nella rappresentazione mediale è diventato plausibile – e a volte persino utile – trovare giustificazioni al male, soprattutto se queste ultime chiamano in causa spiegazioni individuali e di tipo psicologico, quasi a dire che è comunque possibile individuare le più svariate motivazioni soggettive come cause “quasi ammissibili” di un crimine. La follia, l’invidia, l’ira, l’interesse economico o familistico vengono talvolta evocati dai media se non in termini di una piena assoluzione morale quantomeno come motivi “umanamente” comprensibili dell’azione criminale”… “La cronaca nera trionfa nei momenti di crisi sociale: su questo l’abbondanza di prove storiche non lascia margini al dubbio. Non è un prodotto dello sviluppo ma è un indicatore del sottosviluppo culturale, forse anche della crisi delle relazioni interpersonali. Spesso, la ferocia dei media è più terrificante nelle aree di deprivazione culturale” per concludere, infine con “Questo progressivo spostamento del registro comunicativo sulla spettacolarizzazione e sulla personalizzazione del crimine mette in luce un problema che è mediale ma soprattutto sociale. Perché una narrazione del cambiamento che avvenga soltanto attraverso la cornice della cronaca nera e dell’alterità come rischio ci espone alla possibilità di contribuire al declino della società ed all’incattivimento delle persone.  Definire i media come una “fabbrica della paura” può apparire come un approccio troppo positivistico, perché in una società complessa come la nostra è difficile credere che possa esserci un solo soggetto responsabile di una rappresentazione.  Ma è una formula che nel suo schematismo ha una sua plausibilità: nella percezione dell’opinione pubblica appare infatti chiaro come i media sembrino particolarmente responsabili di un innalzamento dei decibel sul crimine”.

Rientriamo nella storia. Lasciato alle spalle quello considerato forse il mito fondativo della fine degli anni ‘70, Il tenente Colombo, andato in onda prima su Rai Due e successivamente su Mediaset, inizia nel 1979 l’era dell’Ispettore Derrick, una produzione tedesca di enorme successo. Contestualmente, nel 1984 inizia la serie iconica del genere italiano: La Piovra che raccoglie subito un vastissimo consenso di pubblico con punte di oltre dieci milioni di telespettatori a puntata. La serie si interrompe nel 2003 quando Silvio Berlusconi dichiarò che “Se trovo chi ha fatto le serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo". La “politica” prende forma e si intromette nella “narrazione” televisiva e il tema “crimine” assume le sembianze che, come abbiamo accennato, diventa la “Fabbrica della paura” come venne definita dal Censis nel 2008.

Segue …

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martedì 9 dicembre 2025

Muti !!! la Rai non fa più notizia

By Bloggorai ©

Se mai qualcuno aveva in mente di silenziare, di anestetizzare, di chiudere il traffico e la circolazione di informazioni e notizie sulla Rai e sul Servizio Pubblico con l’abolizione della Rassegna stampa ai dipendenti, sembra che l’obiettivo sia stato colto in pieno. 

Nessuno, o quasi, sa più nulla se non attraverso qualche piccola chat oppure i lanci di Dagospia che non a caso riporta spesso e volentieri solo le note e i messaggi promozionali di Belve e di Giletti. E, inoltre, ci riferiscono che da quando la rassegna stampa è limitata ai soli 250 utenti (+ 20 dell’Ufficio Stampa, al modico prezzo di poco più di 450 mila euro l’anno) di notizie rilevanti interessanti e meritevoli di nota sulla Rai e il Servizio Pubblico non ce ne sono più. Abbiamo chiesto in giro e la risposta è pressoché unanime: “Non c’è più nulla da scrivere, non ci sono notizie se non di cronachette spicciole, di piccole cose, di affarucci correnti”.

Se mai qualcuno aveva in mente di mettere la Rai in sordina, nel dimenticatoio, in subordine e confinata nella categoria “irrilevante”, si può dire che la missione è compiuta per molti punti di vista. E, dobbiamo aggiungere, con la complicità di quinte colonne, di collusi e complici di vario tipo, con il silenzio e il “Si … va beh … però …” 

Andiamo avanti, giriamo pagina e mettiamoci l’anima in pace.

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lunedì 8 dicembre 2025

RAI, e non solo: dacci oggi il nostro Male quotidiano

By Bloggorai ©

Riprendiamo il filo del post dello scorso 8 dicembre https://bloggorai.blogspot.com/2025/12/politica-e-tv-dacci-oggi-il-nostro-male_2.html .

 

C’è una Garlasco antica profonda dentro e intorno a noi. C’è una Garlasco insaziabile, irrisolta e in eterno movimento nella nostra “morale” oggi alimentata e sostenuta nella "società delle immagini" con il dilagare inarrestabile del genere "crime" su tutti gli schermi, piccoli o grandi che siano. 

Il "racconto del male" universale attraverso le immagini propone una  “morale” esterna ed apparentemente estranea alla nostra sfera cognitiva e relazionale, spesso riferita "al di fuori di noi" spettacolare e "narrata"  come uno “sguardo degli altri” nei termini che ci ha proposto con altre parole il fondamentale testo di Susan Sontag “Davanti al dolore degli altri” scritto nel 2003 per affrontare il tema del male che diventa spettacolo. La Sontag si interroga: le immagini influenzano la nostra percezione della realtà? In che termini, quanto, influenzano il nostro giudizio “morale” che poi si traduce in voto politico? Quanto le immagini di guerra ovvero il suo racconto televisivo, ormai costante nei nostri teleschermi, inducono ad appoggiare o contrastare la natura “guerresca” che sembra diffondersi nel mondo? È utile riprendere la parte del 42° rapporto Censis del 2008 laddove si poneva il tema dei media come “fabbrica della paura”, ne parleremo più avanti per la sua deriva politica. Per estensione: quanto e come il racconto criminale mediatico e specificamente televisivo alimenta, nutre, consola o esorcizza la natura primordiale dell’istinto omicida?

C’è poi una “Garlasco” iconica del prima e del dopo. C’è un momento specifico che pone l’avvio dell’avvento dell’era televisiva, ora mediatica: il primo grande evento di dolore raccontato dalle immagini in diretta sulla morte di Alfredino Rampi nel 1981 che ha visto incollati di fronte allo schermo oltre 20 milioni di persone. E poi c’è un dopo con il susseguirsi di tanti di fatti di cronaca di vario genere, da quelli assoluti e totali della guerra o del terrorismo, a quelli di “ordinaria” tragedia individuale.

Da allora i grandi racconti di crimine, dolore e orrore, sono stati e sono tutt’ora il pane e il companatico dei palinsesti televisivi.

Poi c’è un come e un dove il racconto del male si è svolto e si svolge nell’era moderna e contemporanea. Il come è mutato nei secoli in stretta relazione al mutare la natura dei media: senza scomodare i classici dell’antichità (Omero con l’Iliade) e riprendere il tema preferito da Shakespeare, il delitto o più in generale la rappresentazione “letteraria” del crimine è stato da sempre raccontato prima con la scrittura, poi con la parola (la radio) ed ora con le immagini televisive. Il dove sembra invece essere una specificità del mezzo moderno: sempre più spesso i grandi fatti di cronaca si devono giocoforza identificare con il luogo dove si sono svolti e per come le immagini televisive ce li hanno proposti. Per il dramma di Alfredino si ricorda bene il pozzo di Vermicino e poi, negli anni successivi, i tanti altri casi importanti: il mostro di Firenze, la villetta di Cogne, il delitto di Novi Ligure, il giallo di Via Poma o la strage di Erba.

Necessario pure ricordare altri grandi eventi di cronaca di dimensioni globali che pure hanno interessato, coinvolto e raccontato e raccontano tutt’ora il dolore e il male che ci pervade: dalle immagini dell’assassinio Kennedy al Vietnam, dai grandi funerali di personaggi iconici (Lady Diana) all’11 settembre di New York, dal grande Tsunami del 2004 per arrivare all’orrore contemporaneo di Gaza.

Semplificando e sintetizzando: la cosiddetta “narrazione” del male, del dolore, del terrore, dell’orrore e della paura non è un fenomeno recente. Riprendiamo alcuni tra i tanti titoli del nostro archivio: “Tv, cronaca nera e quel senso diffuso di allarme sociale”, il “successo mostruoso” del Mostro diffuso da Netflix  visto da decine di milioni di telespettatori nel mondo(a cui seguirà  il caso Yara Gambirasio), “Le nuove serie televisive vedono nero”, “Cronaca nera e processi in Tv, l’ennesima Authority inutile” su AgCom e spettacolarizzazione del male in tv, “Il fascino inafferrabile della cronaca nera”, “Lo spin off di Belve e quella  passione del pubblico per il crime” dove si legge una relativa caratterizzazione del suo pubblico giovane e femminile, “La gratuità del male”, “De Cataldo: Maso e gli altri, la normalità del crimine”, “Passione nera: un terribile amore per il delitto diventato show”, “Tra cronaca e fiction, il Mostro in prima serata”, “Cronaca, così diventa un caso Tv. La ricetta: avvocati, parenti e amici a cui piace stare in video” e, infine “Il caso Garlasco capitalizza l’attenzione dell’opinione pubblica”.

Ecco la centralità di Garlasco, il suo senso e il suo significato mediatico. Nell’epoca contemporanea, è stato osservato che da solo questo caso ha occupato gli spazi del teleschermo, dal 2007 ad oggi, di oltre 9.000 ore di trasmissioni Tv, pari a circa un anno ininterrotto di flusso video (ricerca Omnicom Media Group). Nella graduatoria degli eventi televisivi più seguiti seguono il caso Cogne (con il famigerato modello della villetta mostrato da Bruno Vespa), poi la strage di Erba, poi l’omicidio di Perugia e il delitto di Avetrana.

Ma il delitto di Chiara Poggi con la sua immediata attualità, appunto, è solo un punto intermedio dell’abitudine al racconto televisivo del male.

Tutto ha origini lontane e in questa storia il Servizio Pubblico radiotelevisivo nazionale, la Rai, ha avuto un ruolo “pedagogico” centrale che troppo spesso viene dimenticato o sottaciuto. Ha iniziato a formare, educare, “vedere” ed introiettare il male come parte essenziale delle relazioni umane sin dai suoi esordi. 

Tutto inizia con “Giallo Club” nel 1959 dove in ogni puntata si presentava un caso di omicidio e in studio gli “esperti” dovevano indovinare il colpevole. La trasmissione ebbe un grande successo con milioni di telespettatori. In quegli stessi anni inizia la fortunata serie (a quel tempo si definiva “sceneggiato” e oggi “fiction”) del Tenente Sheridan con Ubaldo Lay. Il personaggio era “americano” ma le riprese erano tutte fatte negli studi Rai di Roma e Torino. Negli anni successivi si afferma il “genere” fiction crimine e compare la serie “Donne … di Fiori, di Quadri, Cuori e Picche” insieme alla Inchieste del Commissario Maigret (1969) con Gino Cervi nel 1964 e Nero Wolfe con Tino Buazzelli del 1969. Negli anni ’70 si comincia a formare, a delineare meglio la fisionomia del racconto criminale (anche detto “polizziottesco”) e compaiono titoli come “I racconti di Padre Brown” (1970-1971) con Renato Rascel nel ruolo di il prete investigatore (poi vedremo come verrà ripreso con Don Matteo), poi “Il segno del comando” (1971) ritenuto uno degli sceneggiati più apprezzati della televisione italiana, “Il sospetto” (1972), poi ancora “Giallo di sera” (1971), “Il giudice e il suo boia (1972), “Qui squadra mobile” (1973-1974) dove inizia la serie sulle indagini di una squadra di poliziotti con Giancarlo Sbragia.

Segue…

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giovedì 4 dicembre 2025

Altri mondi possibili

By Bloggorai ©

Alcuni lettori e alcune lettrici ci scrivono. Ci scrivono tra il costernato e il rassegnato. Alcuni capiscono la situazione ovvero l’aria che tira (brutta) e lasciano perdere, altri meno ed avrebbero pure voglia di mantenere l’attenzione sulla Rai e sul Servizio Pubblico.

Ma di cosa ci dovremmo occupare? Della mancanza di notizie? Oppure di notizie del genere “successo di Sandokan” ovverosia il fumo negli occhi della Rai che deve guardare al passato (vedi Post di ieri https://bloggorai.blogspot.com/2025/12/rai-un-grande-e-glorioso-futuro-dietro.html ) cioè ravanare in cantina per sperare nel futuro? Oppure del compenso della Maggioni (ad agosto tutti erano in vacanza) perchè, non sia mai detto, magari la concorrenza se la porta via dalla Rai? Oppure delTg3 che manda in onda uno spot (gratis?) di Netflix ? Oppure del Piano Immobiliare Rai che, ci dicono, essere come un colabrodo (vedi Milano e comunicato CGIL)? Oppure del Piano Industriale che non sa dove andare perché non ha risorse con le quali essere sostenuto? Oppure, ancora una volta, di un piano sull’informazione che non esiste e nessuno vuole che esista? Oppure, ancora di più e peggio, di qualche gossippetto interno o delle beghe Rossi/Sergio/Marano e dei loro fidati e sodali collaboratori ovvero i vari Coletta, Di Gregorio (si proprio lui) o Corsini e compagnia trotterellando?

No… francamente no… non è più aria.

Ci sono tanti altri mondi possibili e interessanti da scoprire oltre la Rai, oltre questo Servizio Pubblico, proprio come ieri sera su La7 ci ha ricordato Giordano Bruno (ottima trasmissione). Sono mondi che girano intorno alla civiltà delle immagini, all’era del racconto audiovisivo, nell'epoca di nuovi linguaggi e comportamenti individuali e collettivi che meritano grande attenzione. La Rai invece guarda se stessa in uno specchio deformato e alle sue spalle e non sa più come guardare avanti (anche perché non gli è concesso, vedi canone incerto).

No. Condividiamo l’aria che tira: della Rai e del Servizio Pubblico si avverte sempre meno interesse.

Piuttosto, stiamo studiando, raccogliendo documenti e informazioni su un tema che ci sembra meritevole di attenzione: perché il “genere” crimine, il racconto del “male” in tutte le sue forme, dalla guerra alla cronaca nera, viene costantemente proposto e riscuote crescente attenzione gradimento da parte del pubblico?

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mercoledì 3 dicembre 2025

RAI: un grande e glorioso futuro dietro le spalle

By Bloggorai ©

C’è una prateria tutta da esplorare per garantire il futuro televisivo della Rai e del Servizio Pubblico. È sufficiente andare negli archivi polverosi e ripescare grandi titoli del passato glorioso (per questa idea rivendichiamo il Copy o una specie di diritto d’autore, come hanno fatto quei “geni” della Lux/Bernabei che hanno ripescato Sandokan con grande successo di pubblico e scarso di critica).

In ordine, proponiamo una decina di titoli:

1. La Cittadella (1964)

2. I Miserabili (1964)

3. Davide Copperfield (1965)

4. I promessi sposi (1967)

5. La freccia nera (1968)

6. L’Odissea (1968)

7. Nero Wolfe (1969)

8. Pinocchio (1972)

9. Il segno del comando (1971)

A A come Andromeda (1972)

A Anna Karenina (1974)

Dopo di che si appresta a terminare l’era degli “sceneggiati” mentre inizia l’era della “fiction” di cui “La Piovra” del 1984 sarà capostipite. Se pure la Rai ripescasse un titolo ogni sei mesi, ovviamente rivisto, corretto e anzitutto “riprodotto” nel senso di una nuova produzione buona pure per i “giovani” e con il valido supporto economico di una “Regione Film Commission) come avvenuto per la novella Tigre di Mompracen potrebbe garantirsi un roseo futuro basato sulle sue solide spalle.

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Attenzione: prosegue nei prossimi post il tema del “male” quotidiano in TV

martedì 2 dicembre 2025

Politica e TV: dacci oggi il nostro "male" quotidiano

 

By Bloggorai ©

Due fenomeni, concomitanti, relativamente “moderni”  e apparentemente distinti tra loro, meritano attenzione. Il “moderno” è relativo ad una datazione che ha preso forma tangibile e misurabile negli ultimi decenni, seppure il secondo del quale scriveremo è assai antico e risale ai millenni trascorsi e che tuttavia ha assunto una sua specificità nell’era moderna attraverso il suo passaggio nell’era mediatica e segnatamente televisiva.

Entrambi questi fenomeni partecipano e caratterizzano il “racconto” del Paese, definiscono alcuni paramenti per la sua “narrazione”. Entrambi segnano lo “stato di salute” di un popolo che per un verso fugge dal dovere civico e per altro verso si spinge e si rifugia verso l’osservazione rassegnata del malessere. I fenomeni sui quali proponiamo una sommaria riflessione si riferiscono al crescente astensionismo politico elettorale e della dilagante attenzione mediatica per il crimine, individuale o organizzato che dir si voglia.

Il primo fenomeno racconta un Paese politicamente stanco, deluso e distaccato. In Spagna, tempo addietro, il disinteresse verso la sfera partecipativa veniva definito con un termine suggestivo: “desencanto”. Sembra venuta meno la fiducia, la voglia di essere e prendere parte. Sembra indebolito lo spirito di interesse collettivo, di pubblico, a favore della sfera privata, intima, personalizzata a misura di teleschermo piccolo o grande che sia.  In Italia, come pure in molti altri paesi europei, si vota meno e le maggioranze che si formano hanno spesso un tratto moderato conservatore, se non proprio di “destra”. Si tratta di un fenomeno diffuso che colpisce tutte le democrazie occidentali: alle recenti consultazioni europee in Italia ha votato il 49,6% degli aventi diritto (per una interessante analisi del voto vedi https://www.censis.it/governo-pubblico/elezioni-un-cittadino-europeo-su-tre-minacciato-dal-declassamento-sociale come pure l’analisi di Nando Pagnoncelli sul Corriere https://www.corriere.it/sette/25_gennaio_20/astensionismi-l-europa-si-e-stancata-della-democrazia-9cfbd22c-0bb5-4d5f-86e5-80f039865xlk.shtml?refresh_ce). Alle recentissime consultazioni regionali, nelle tre regioni interessate Campania, Puglia e Veneto gli astenuti sono stati ben oltre il 50%. Sulle cause e le motivazioni non se ne discute abbastanza: per la politica significa per un verso dover ammettere un suo intrinseco fallimento e per altro verso dover paventare un grave rischio e una minaccia incombente per la natura stessa del sistema democratico: fino a che punto è “sopportabile” il progressivo allontanamento dei cittadini dalle urne? Quale potrà essere la soglia al di sotto della quale il sistema potrebbe collassare, ovvero dover ammettere un “governo” della maggioranza della minoranza?

Ha scritto Massimo Franco sul Corriere “Quando va a votare meno di un elettore su due, c’è qualcosa che si è rotto nel rapporto tra i partiti e l’opinione pubblica” e poi Sabino Cassese: “La fuga dalle urne, il non voto, una volta fenomeno marginale, è divenuto strutturale. Per circa trenta anni della storia repubblicana ha votato il 93 per cento degli aventi diritto al voto. Poi, per un quindicennio, l’87; più tardi il 73; alle elezioni politiche del 2022 quasi il 64; ora, nelle elezioni regionali dei giorni scorsi, una minoranza, tra il 42 e il 45 per cento. Questo vuol dire che 5-7 milioni circa di elettori sono rimasti a casa, senza adempiere quello che la Costituzione definisce dovere civico. Si apre così un fossato tra società e politica, molto preoccupante perché democrazia indica una società che si autogoverna, attraverso il suffragio universale, una conquista che è costata tanto tempo e tanta energia. Il continuo calo, che dura da circa un quarantennio, costituisce un fenomeno grave per lo stato di salute della democrazia”.

Vedi pure indagine Istat su “Le relazioni sociali” https://www.istat.it/it/files/2023/04/5.pdf

Le domande che si pongono, a questo punto, sono due correlate tra loro: come e perché si è formato e consolidato questo fenomeno (e quali le radici o le cause dello stesso) e come porvi rimedio, come fronteggiarlo? Si tratta di un tema rilevante che la “politica” fatica a scrivere e trovare risposte. 

In questa sede ci interessa provare a mettere in relazione il fenomeno dell’astensionismo politico con quello della crescente attenzione alla rappresentazione mediatica (prevalentemente televisiva) del “male” in ogni sua forma, da quello assoluto rappresentato dalla guerra a quello relativo raccontato dal “genere crimine”. I due fenomeni possono essere correlati in qualche modo tra loro? Forse si.

Segue: dalla nascita dello “sceneggiato” poliziesco a Garlasco.

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lunedì 1 dicembre 2025

La luce oltre la RAI

 

By Bloggorai ©

Ci sono tanti buoni motivi per non occuparci più di Rai e di Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Dopo tanti e lunghi anni, sette, Bloggorai “si è fatto persuaso” che potrebbe non valerne più la pena e, infatti, da alcuni giorni pubblichiamo sempre meno. Seguire i fatti e ancor più i misfatti dell’ex Viale Mazzini sa di stantio e malmostoso, faticoso e comunque immutabile, irrilevante e irrisolvibile. 

La stessa “politica” sembra averla riposto il tema Servizio Pubblico in fondo alle sue attenzioni: la riforma (becera) che pure doveva essere la pietra miliare della nuova Azienda in osservanza dell’EMFA è accantonata in attesa di un futuro incerto e improbabile. Lo abbiamo pure constatato plasticamente ad un recente incontro di 34 gatti (la metà giovani studenti silenziosi). La stessa “stampa” sembra aver dimenticato i grandi temi che interessano la Rai e, infatti, ci dicono che nella “nuova Rassegna Stampa” la sezione “azienda” è quasi sempre vuota. “Tanto la Rassegna non la legge più nessuno” ci ha detto un autorevole lettore. Verrebbe da crederci: tanto non c’è nulla da leggere. Verrebbe da crederci: tanto se pure qualcuno la volesse leggere, questa Rai ha pensato bene di sottrarla, di non far sapere più ai suoi dipendenti cosa succede intorno a loro. Verrebbe da crederci: tanto che pure chi avrebbe potuto e dovuto sollevare obiezioni (i consiglieri) si sono arresi (come quasi sempre) di fronte all’argomentazione dei costi, come se la Rai non sapesse da che parte razionalizzare e risparmiare  

La stessa Rai “moderna” ovvero questa Rai, di questo Cda, di questa “destra” ne è forse consapevole e, tant’è che manda in onda uno spot autopromozionale a sostegno di se stessa e si chiede “chi siamo noi?. La risposta già la sappiamo ed è sempre salutare ricordarla: “La risposta è dentro di te ... ed è sbagliata!” da rivedere sempre il mitico Guzzanti https://www.youtube.com/watch?v=lpYSFPO7pqw . Questa stessa Rai intanto, nel frattempo, taglia e cuce, riduce e conduce inesorabilmente verso il suo triste declino.

Ci eravamo interessati e avevamo seguito con attenzione la vicenda dell’attentato a Ranucci: sembrava che avesse suscitato un frivolo di attenzione che portasse a ricollocare Report nel suo giusto posizionamento in palinsesto con il reintegro delle quattro puntate mal-tolte e il ritorno al lunedì come pure del ritorno in video di Petrolio, ultime frontiere del giornalismo d'inchiesta che non si occupa di Garlasco. Nulla, nada, polvere sotto il tappeto. Il M5S aveva addirittura chiesto le dimissioni dei consiglieri di opposizione qualora non fosse successo nulla. Nel frattempo leggiamo su Domani, a firma Lisa di Giuseppe, che “Rai, un altro approfondimento “sovranista” all’orizzonte, ma manca il conduttore. Viale Mazzini spera nello sport”. Chi di speranza vive, disperato muore: diceva povera Nonna Maria.  

Chiudiamo con due perle: la prima l’abbiamo vista nei giorni scorsi sul Tg3 delle 19 quando è andato in onda un corposo servizio promozionale a favore di una nuova trasmissione di Neflix. Ci auguriamo che Rai Pubblicità ne abbia tratto il giusto compenso perché altrimenti si configura quasi un illecito.

La seconda perla è più sconfortante. Ieri sera Report ha trattato il tema della malasanità e, in particolare i fondi PNRR destinati alle Case di Comunità, in particolare in Campania e Puglia laddove la situazione è sconfortante: nella prima regione previste 169 e realizzate 0, e della seconda leggiamo su Repubblica “Sanità, in Puglia il flop case di comunità: attiva solo una su 123. A rischio 177 milioni del PNRR. A poco più di tre mesi dalla scadenza del termine fissato a fine 2025, risulta attiva solo una struttura. Attiva ma non funzionante perché mancano medici e infermieri”. 

Per saperne di più vedi pure https://www.ilsole24ore.com/art/attive-660-case-comunita-solo-46-tutti-servizi-AHFgi9mC .

E poi dobbiamo constatare che gli elettori non vanno più a votare: in Campania l’astensione è al 45% e in Puglia al 48%. Ci crediamo.

Ad ogni buon conto … proprio a partire da questa considerazione “La luce oltre la Rai” prosegue. Proveremo ad andare su altri temi e, in particolare ci vogliamo soffermare sul sottile filo nero che lega i grandi fenomeni elettorali e il “consenso televisivo” realizzato anche attraverso una decisa linea editoriale che ormai sta dilagando inarrestabile: il racconto del “male” ovvero della cronaca nera. Non c’è nulla di nuovo: è tutto già scritto da decenni.

Bloggorai@gmail.com  

martedì 25 novembre 2025

Il Voto (e la RAI) nel mondo del "pressappoco"

By Bloggorai ©

Nel panorama letterario di Bloggorai non c'è molto ma nel poco c’è un libretto che tormenta più per il titolo che il contenuto. Sta lì in bella mostra e vanitoso di sé stesso: “Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione” a firma del noto storico della scienza Alexandre Koyré.

Ci piace e ci affascina molto il “pressappoco” ovvero quel vago, molto vago, senso di indeterminatezza, di approssimazione e di vaghezza che sembra pervadere molte vicende umane.

Vedi la politica: abbiamo dato uno sguardo alle prime pagine dei quotidiani oggi in edicola. La notizia del giorno, come pure abbiamo scritto ieri, è o dovrebbe essere l’elevato numero di astensioni. Corriere e Repubblica collocano questo tema in fondo al sommarietto: “…record di astensioni” e “…Crollo dell’affluenza. Sotto del 50%” mentre La Stampa ignora il tema, il Fatto aggiunge “… astenuti, record +14%” e il Messaggero “Crolla l’affluenza”. 

Ieri hanno votato nelle tre regioni circa il 43% degli aventi diritto. Se prosegue questa dinamica alle prossime consultazioni ci sarà da temere: quale potrà essere la “soglia di sopportazione” per il sistema democratico? Quale potrà essere il “numero legale” per sostenere che la maggioranza ha il diritto/dovere di governare indipendentemente dal numero degli elettori che partecipano al voto?

Come spesso è successo, all’indomani di consultazioni elettorali, locali o nazionali e dovunque nel mondo, ci si sofferma più sulle dinamiche e sui flussi del voto interne ed esterne alle diverse aree politiche che non sul senso ultimo e profondo relativo all’astensione e financo alla negazione della partecipazione al rito cardine della democrazia, ovvero il “governo della maggioranza”. Eppure, come sostengono gli statistici e Agatha Christie, se è vero che “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova" sembra di osservare che gli “indizi” sulla disaffezione alle urne cominciano ad essere assai preoccupanti.

Eppure, eppure, come è facile osservare, questo tema per un verso dura all’attenzione politica e mediatica lo spazio di un mattino e per altro verso viene subito fagocitato nelle viscere delle analisi sociali senza mai trovare risposte compiute e risolutive oppure viene presto dimenticato. L’ultima ipotesi che abbiamo ascoltato ieri consisteva nel dire che “gli elettori delle tre regioni Veneto, Campania e Puglia non sono andati a votare perché dato scontato l’esito e quindi inutile perdere tempo andando al seggio”. Forse, potrebbe essere anche una buona argomentazione ma rimane pure sempre parziale e limitata come molte altre che si sentono e si leggono. Il tema, infatti, è universale e interessa tutte le grandi democrazie occidentali dove pure non sembrano emergere soluzioni. Ricorre spesso la domanda elementare: perché avviene questo fenomeno? Ma altrettanto spesso non si legge (e non si trova adeguata risposta) alla domanda: cosa si fa per contrastare questo fenomeno? Tante analisi sui perché ma nessuna soluzione.

Torniamo per un momento, solo per un momento, a quel “piccolo mondo antico” della Rai. Come noto (e lo certifica Agcom nel suo Rapporto trimestrale) il Servizio Pubblico ha perso negli ultimi 5 anni circa il 21.8% dei suoi telespettatori. Sono tanti, parliamo di milioni: si tratta di un fenomeno che investe tutto il perimetro delle televisioni generaliste ma per la Rai è più evidente e rilevante (nello stesso periodo Mediaset perde nel day time l’11%).  Eppure, eppure, il tema non sembra riscuotere grande attenzione. Anche in questo caso, pur partecipando e seguendo incontri, dibattiti e riflessioni, non troviamo mai l’interrogativo “perché la Rai perde telespettatori???” e, di conseguenza, ovviamente, nemmeno possibili risposte. Nessuno si pone il problema e quando pure viene posto (abbiamo appena riletto le “Linee Guida Palinsesti 2025-2027” … quasi un’orazione da fine impero) non si va oltre generiche e vaghe dichiarazioni di buona volontà ovvero “intercettare i giovani” salvo poi constatare la programmazione editoriale sempre più orientata ad un pubblico “over” ... tanto over.

Anche la Rai si appresta ad essere “pressappoco” ???

Bloggorai@gmail.com


 

lunedì 24 novembre 2025

La RAI e il voto "rassegnato"

By Bloggorai ©

“Tempo pessimo per votare, si lagnò il presidente di seggio della sezione elettorale quattordici dopo aver chiuso violentemente il parapioggia inzuppato ed essersi tolto un impermeabile che a ben poco gli era servito nell’affannato trotto di quaranta metri da dove aveva lasciato l’auto fino alla porta da cui, col cuore in gola, era appena entrato.”…

“Si nota, intanto, che i partiti, nell’esprimere i loro punti di vista, preferiscono non azzardare troppo, danno un colpo al cerchio e uno alla botte, dicono che sì, ma che, magari, no.” …

“Votare scheda bianca è un diritto irrinunciabile, nessuno ve lo negherà, ma proprio come proibiamo ai bambini di giocare col fuoco, così abbiamo avvisato i popoli che va contro la loro sicurezza cincischiare con la dinamite.” …

“Ho detto che votare scheda bianca si potrebbe considerare come una manifestazione di lucidità da parte di chi l’ha fatto.”

Citazioni da Saggio sulla lucidità di Josè Saramago

Un Popolo di rassegnati, astenuti, delusi, poveri, scappati di casa, rintanati, tanto assopiti quanto  leggermente arrabbiati e alquanto abbandonati a se stessi epperò tutti tennisti praticanti e appassionati come lo sono stati per la vela ai tempi di Azzurra o per il curling alle Olimpiadi invernali.   

La notizia del giorno è l’astensione alle regionali di Puglia, Campania e Veneto: alla chiusura di seggi ieri sera hanno votato rispettivamente solo il 29,4 (nel 2023 il 39,8), il 32 contro il 38,9 e il 33,8 contro il 36,1. Nella media nazionale i votati sono stati il 31,9 contro il 41,5 della precedente consultazione (fonte https://elezioni.interno.gov.it/risultati/20251123/regionali/votanti/italia/italia ).

C’è qualche relazione tra l’astensione politica e la “rappresentazione” ovvero il “racconto” sociale del Paese per come viene svolto dalla televisione pubblica?

Per l’ennesima volta, come avviene ormai da tempo, tutti ad interrogarsi sul perché gli italiani (in verità non solo loro) non vanno a votare. Tante risposte plausibili ma nessuna esauriente e completa. Sembra eroso il meccanismo partecipativo, il senso di fiducia nella gestione del bene pubblico: “così fanno tutti, a che serve votare se poi non cambia nulla”. Ci viene automatico il pensiero, l’associazione: tanto aumenta l’astensione al voto tanto aumenta il disinteresse e la sfiducia verso il “servizio pubblico” quale che esso sia. Pochi si chiedono perché la Rai, negli ultimi 5 anni ha perso il 21,3% (- 2,5% solo nell’ultimo anno) come ha certificato AgCom nell’ultimo Osservatorio sulle comunicazioni in Italia.

A che serve “vedere” la Rai o essere interessati al suo destino se poi tanto non cambia nulla e, anzi, colpevolmente e complicemente peggiora? A che serve pagare il canone se poi non riescono a sanare i conti (al 31 dicembre 2024 chiude in pareggio, con un indebitamento netto di €513 milioni) nonostante le annuali raccomandazioni della Corte dei Conti? A che serve pagare il canone se l’offerta editoriale complessiva è pur sempre rivolta ad un pubblico “over” tanti anni e il “genere crime” è quello prevalente (in quasi tutte le fiction c’è un assassinio, non c’è solo Garlasco)? Ci viene in mente un amico contadino, ex mezzadro, di quando ci raccontava di essere “nato con il debito” con il suo fattore: ogni qualvolta gli veniva prelevato parte del suo raccolto, non si sapeva mai a quanto ammontasse il debito e allora “paga e basta”. Per fortuna, il mio amico e altri contadini poi si sono “affrancati” dal fattore. Ma la Rai è in grado di farlo? La Rai è in grado di “affrancarsi” dalla politica, di farlo con le sue forze e con quelle esterne? No, ci siamo rassegnati: no. Non è in grado di farlo dentro se stessa e non è in grado di farlo chi ne è fuori. La pietra tombale è la famigerata “riforma” (peraltro del solo “metodo di governo”) che avrebbe dovuto sanare il grave difetto di inadempienza all'EMFA. Non si farà certamente entro quest’anno e chissà se ci sarà il prossimo anno, quando il Cda attuale sarà in scadenza e quando si avvierà la trattativa per il rinnovo della Concessione ad aprile 2027.      

Già, anzitutto un Popolo di “rassegnati”: per rimanere nel nostro ambito, non dimentichiamo l’ultimo tassello di impoverimento, di sottrazione di informazioni, messo a punto con la chiusura della Rassegna Stampa Rai ai suoi dipendenti. Sono più “poveri” di prima, sanno meno di prima, sono meno informati di prima ma, appunto, sono poi “rassegnati” al loro destino legato ad una Azienda a sua volta sempre più povera e minacciata (dalla riduzione del canone). Per paradossale che possa apparire, ci dicono che la “nuova” edizione della Rassegna stampa (destinata a 250 persone + ufficio stampa, al costo di circa 400 mila euro l’anno) contiene una nuova sezione denominata “Intelligenza artificiale” cioè argomento tanto meritevole di attenzione quanto, appunto, riservato a pochi, fidati e buoni. Per tutti gli altri dipendenti Rai solo “intelligenza naturale” e magari, chissà, forse è meglio.

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venerdì 21 novembre 2025

RAI: il canone "rassegnato" e la politica "in viaggio"

By Bloggorai ©

Avete presente quelle immagini di una piattaforma con il pavimento di cristallo sospesa nel vuoto su un panorama di infinita bellezza? Tenetela bene a mente, ci può essere utile.

Ieri mattina si è svolto un “incontro” sul tema “Quale nuova Legge per il Servizio Pubblico italiano”. Piatto ricco, mi ci ficco. Occasione rara e ghiotta in epoca di vacche magrissime, silenziose e quasi moribonde. Come abbiamo scritto più volte: la situazione politica non è per niente buona, anzi, pessima! Allora può essere utile, interessante, ascoltare anzitutto la “politica” per capire quale futuro si dipinge per il Servizio Pubblico radiotelevisivo. Andiamo, un po' pensierosi e scettici, a priori.

La mattina comincia male, malissimo: Repubblica e Messaggero titolano forte: “Blitz Lega: tagliate il canone Rai” e “Spunta il taglio del canone Rai. Una riduzione da 90 a 70 Euro”. Oggi tutti tacciono. Non è una notizia, non è una novità ma colpisce. All’incontro partecipano 34 gatti (contati) dei quali almeno la metà “studenti che ascoltano” ma non parlano, e dei 17 residui la metà sono relatori/organizzatori e quelli che restano ovvero l’altra metà sono “volpi grigie” della solita partita di giro (professori senza concorso, esperti, pensionati prestigiosi). Poi c’è la “politica” in viaggio, nel senso che sono in campagna elettorale e, giocoforza, non possono essere fisicamente presenti. Si capisce: una metafora perfetta. La presidente della Vigilanza Barbara Floridia, giustamente, protesta per la Commissione che non riunisce da oltre un anno. Se pure il Presidente della Repubblica è rimasto inascoltato, una soluzione ci sarebbe: dimissioni di tutti i parlamentari dell’opposizione. Nessuno lo dice.

Il tema dell’incontro è o dovrebbe essere la “nuova Legge” ovvero la “riforma” della Rai (per inciso, abbiamo verificato: se tutto va bene ... se ... se se ne parla il prossimo anno, alla vigilia del 2027, poco prima della scadenza dell’attuale Cda ... auguri”). L’argomento “riforma” fatica ad emergere se non per i soliti luoghi comuni: l’EMFA, le risorse, la “governance” (meglio detta in italiano “modo di governo” … cfr Treccani). La “notizia del giorno”, il canone, rimane sul fondo. Non foss’altro perché i partiti di opposizione, sul tema, hanno le idee alquanto confuse. Hanno presentato un emendamento al testo di maggioranza dove si legge chiaro e tondo che la Rai riceve il canone ovvero “ … il gettito dell’imposta di scopo denominata canone … sulla base di un Contratto di Attività e Risorse (sic!!!) a base quinquennale e scorrevole anno per anno”. Ma cosa vuole dire? Che significa? Il tanto citato EMFA sostiene esattamente il contrario!!! Mi si dice “Stai sereno, questo testo verrà abbandonato, forse è stato un errore degli uffici legali, i tecnici”. Ahhhh … ecco… ma allora ditelo, comunicatelo forte e chiaro: ci siamo sbagliati il canone deve essere certo e garantito.   

Infine, tra i previsti partecipanti c’erano la FNSI e l’Usigrai. Sono stati intravisti sul fondo della sala i rispettivi segretari. Poi sono spariti. Poteva essere utile sapere magari cosa ne pensavano dei “criteri di nomina” dei consiglieri, del Piano sull’informazione Rai (inesistente e avversato), di Report e delle sue quattro puntate tagliate, della drastica riduzione della Rassegna Stampa dei dipendenti Rai (dicono alcuni che si tratta di una questione di risparmio: sappiamo che la gara è stata assegnata per circa 400 mila euro ed è oggi rivolta e circa 270 persone… chi sono i beneficiari e con quali criteri sono state scelte non si sa). Ai Di Trapani e Macheda magari gli si poteva chiedere quanto la Rai potrebbe risparmiare applicando lo specifico articolo del previsto dal precedente Contratto di servizio sulla riorganizzazione delle testate giornalistiche, sulla testata RaiNews24 che da sola occupa circa 200 giornalisti per un ascolto medio dal solito prefisso telefonico.  

Chissà, forse, hanno capito l’aria che tira ed avranno pensato meglio di tenersene alla larga da certe questioni. 

Morale della favola? Riprendete l’immagine che vi abbiamo suggerito in apertura: la passerella sul vuoto. Se mai fosse stata necessaria una “visione” della rilevanza, della percezione della Rai e del Servizio Pubblico nell’era moderna, ieri c’è stata nella sua forma plastica, tangibile e percettibile: irrilevante, inutile e superflua. Di questa Rai, di questo Servizio Pubblico, forse, se ne può fare anche a meno. La riduzione del canone proposta dalla Lega? Se ne può essere quasi certi: potrebbe incontrare il consenso anche di altri utenti non necessariamente di “destra”. Al temine della mattinata, una ventata di sano pessimismo ci ha assalito e ci siamo confortati con la pizza del noto e storico Forno di Campo de Fiori.

Nel merito: la proposta last minute sulla Legge di Bilancio di Salvini&C potrebbe anche non passare (FI, ovviamente, è contraria … vedi oggi lo stato di salute di Mediaset su Repubblica) ma il senso e la direzione dell’operazione rimangono. Da non dimenticare che nel testo base della maggioranza si prevede una “possibile riduzione” del 5% annuo motivandola (da chi e come?) e che comunque per la Lega è una battaglia identitaria. Difficile che mollano completamente. Non si può fare: il canone è una imposta di scopo sancita pura dalla Corte Costituzionale. Però, intanto, tengono il punto e puntano la fiche sul tavolo delle trattative interne ed esterne alla Rai e portano a casa qualche risultato (nell’ultimo Cda hanno promosso un loro dirigente) e poi si vedrà.

Già ... poi si vedrà … con calma … non c’è fretta.

bloggorai@gmail.com          

lunedì 17 novembre 2025

RAI "rassegnata"

By Bloggorai ©

La notizia: la Rai ha drasticamente tagliato la Rassegna Stampa che ogni giorno veniva distribuita ai suoi dipendenti.

Da questa mattina, le edicole intorno a Via Asiago, a Saxa Rubra, Via Teulada e nelle vicinanze della nuova sede all’EUR sono prese d’assalto da folle inferocite di giornalisti, impiegati e dirigenti Rai che chiedono di acquistare il Foglio, il Sole 24 Ore, Domani e Libero, insieme alla Gazzetta del Sud, dello Sport e Novella 2000 (ovviamente, Corriere, Repubblica, Stampa e Messaggero lo ricevono già in abbonamento on line). Da questa mattina si vedono in giro, nelle redazioni e davanti alla macchinetta del caffè, oscuri personaggi che si spacciano sottobanco ritagli e pagine di giornali, bene attenti a non farsi notare.

Abbiamo ricevuto commenti:

Commento n. 1: “rassegniamoci” (non è chiaro se si tratta di un imperativo o un esortativo

Commento n. 2: “…effettivamente… un danno enorme (lettore di centro destra)

Commento n. 3: “Una vergogna” (noto e prestigioso parlamentare)

Commento n.4: “Ci avevano già provato a nascondere i dati Auditel” (storico della Rai)  

Commento n. 5: “Tanto la leggevano in pochi” (complice del misfatto)

Commento n. 6: “ … un segno di protervia, stupidità e arroganza …” (autorevole dirigente Rai”

Commento n. 7: “…  un atto che riduce il diritto alla conoscenza e la circolazione delle informazioni all’interno del servizio pubblico” (nota del PD Rai)

Commento n. 8: “ … sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire …” (anonimo colto)

Commento n. 9: "chissenefrega.. peggio per loro" (non è chiaro chi sono "loro")

NON abbiamo ricevuto (saputo) commenti di:

3 consiglieri Rai (di Majo, Di Pietro e Natale) … gli altri due … ignoti

Usigrai, Art. 21, “società civile” etc., ricorrenti ai TAR ed “esperti” più o meno europei  

Colleghi giornalisti della carta stampata (forse non è una notizia) ed è bizzarro assai

Bloggorai ribadisce quanto ha scritto ieri (da solo): la Rai, il Servizio Pubblico, priva i suoi dipendenti di uno strumento di conoscenza, indebolisce la circolarità delle notizie e delle informazioni, impoverisce la crescita culturale e, in buona sostanza, taglia un ramo portante dove la Rai è poggiata. Priva anzitutto i suoi dipendenti ma anche tutti coloro (forse pochi e sempre meno) che provano ancora a seguire le sorti del Servizio Pubblico.

In definitiva, si tratta di un ulteriore piccolo tassello che porta tutto e sempre nella stessa direzione: indebolire, sottrarre risorse, rendere accessorio e superfluo il Servizio Pubblico, svuotarlo al suo interno e minandolo all’esterno. È un disegno organico e scientifico che viene da molto lontano: dal Piano di Rinascita P2, passando al “patto del Camper”, ai teorici delle privatizzazioni e poi “esternalizzazioni”, alle mancate riforme, alla “struttura Delta” di epoca Governo Berlusconi (i suoi epigoni sono oggi in Rai in posizioni di assoluto rilievo). Si tratta di un disegno, di un “piano” che vede appunto l’assenza di “piani”: non avanza il Piano Industriale, non parliamo del Piano Immobiliare e constatiamo la totale assenza di qualsivoglia Piano per l’informazione. Volevano “risparmiare” tagliando la Rassegna Stampa? Potevano farlo iniziando invece con l’attuazione di una qualsivoglia “newsroom”. Mettere mano alla riorganizzazione delle testate, renderle efficienti e razionali, comporta risparmi per milioni di euro. Non a caso questa indicazione è sparita del nuovo Contratto di Servizio e pochi lo hanno notato.

Come ha detto il Commento n. 1: “rassegniamoci”. Hanno vinto loro. Forse, ha ragione il Commento n. 9: chissenefrega.

bloggori@gmail.com

Da oggi RAI triste, povera e solitaria sulla via del tramonto

By Bloggorai ©

Da oggi la Rai sarà sempre più povera, isolata, occulta e nascosta. Da oggi i dipendenti Rai che ricevevano la Rassegna Stampa non la avranno più. La maggiore e più importante Azienda di comunicazione priverà i suoi dipendenti della linfa vitale della quale dovrebbe nutrirsi. La Rai si priva di un ramo dove è poggiata: la circolarità, la diffusione e la propagazione di notizie, commenti, approfondimenti che si possono trarre dalla carta stampata. La lettura della rassegna per molti, dentro e fuori la Rai, è la “preghiera laica” del mattino che non sostituisce ma integra la copia cartacea del giornale.   

È un grave danno per tutti: anzitutto per la stessa Azienda di Servizio Pubblico, è il segno concreto e tangibile del suo progressivo e inderogabile impoverimento e isolamento. È un grave danno per chi la leggeva perché ora sarà costretto a rivolgersi alla sola conoscenza dei fatti del mondo diffusa attraverso i “social” che magari possono essere certo più tempestivi ma altrettanto certo che sono giocoforza più limitati. Nota bene: l’informazione on line sui “social”, dove un articolo è pagato, bene che vada, 3 euro (tre euro).

È un grave danno per gli stessi editori di giornali che in tal modo alimentano e sostengono il concetto secondo cui della carta stampata se ne può fare a meno perché superflua, irrilevante. È un grave danno per tutti i vari Uffici Stampa delle reti, delle trasmissioni e dei programmi, che si nutrono e si alimentano di “articoli e citazioni”,

Infine, fatte le debite distinzioni e proporzioni, è un grave danno pure per Bloggorai che si alimentava della cortesia e attenzione di tanti suoi lettori che segnalavano articoli meritevoli di nota, fornivano citazioni e suggerivano temi e problemi sui quali riflettere.

Perché questa decisione? Cosa e chi c’è dietro? La motivazione addotta è di natura economica: costa troppo. È come dire che l’energia elettrica costa troppo e quindi me la auto riduco: invece di usare due telecamere ne uso una sola e così via. Argomento insostenibile: la Rassegna stampa è merce preziosa e insostituibile per chiunque lavora nella comunicazione e informazione. Si vuole risparmiare? Ci sono mille buoni settori dove intervenire: basta scegliere dal numero dei collaboratori esterni alle trasmissioni che durano una puntata. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Dove si taglia invece? Proprio sull’informazione e sulla circolarità delle notizie. Sarà un caso? A nostro giudizio no!

Chi c’è dietro? Suggeriamo di rileggere Bloggorai dello scorso31 maggio con il titolo “RAI: la voce del Padrone di turno” (vedi https://bloggorai.blogspot.com/2025/05/rai-la-voce-del-padrone-di-turno.html?m=1 ). Con un aggiornamento: nel frattempo la Capo Ufficio Stampa Incoronata Boccia detta “Cora” per gli amici ha arricchito recentemente la sua storia professionale con il famigerato pensiero sulla mancanza di prove dei soldati israeliani che hanno sparato sui civili a Gaza (secondo l’Azienda, lo ha detto a “titolo personale” anche se sotto il suo nome compariva bene il logo “Rai”. Per farle premio l’Azienda Rai l'ha collocata nella Commissione di valutazione per i futuri giornalisti Rai che si dovranno assumere, insieme all’ex direttore della Tgr Alessandro Casarin, sfiduciato per due volte dalle redazioni nel suo recente mandato (fonte Usigrai).

Già, forse è meglio così: meno si sanno certe cose e meglio è per tutti.

bloggorai@gmail.com


 

venerdì 14 novembre 2025

giovedì 13 novembre 2025

... lunga meditazione in corso ...


Sunrise doesn't last all morningA cloudburst doesn't last all day
All things Must pass
G. Harrison, 1970


E' inevitabile, è fatale, che dopo oltre sette lunghi anni qualcosa debba cambiare. E' scritto nel Libro del Destino che tutto debba prendere altre forme e svolgersi in altro modo. Anche Bloggorai fa parte di questo disegno. 

La riflessione è in corso e non è facile. Se qualcosa dovrà cambiare, è bene che avvenga nel suo momento migliore: abbiamo raggiunto e consolidato un punto di consenso, di lettori e di lettrici, inimmaginabile in quel lontano giugno 2018. difficile ora andare oltre. Forse si potrà altro o lo stesso in altro modo.

Vedremo, riflettiamo. Fate sapere, scrivete in privato.   

bloggorai@gmail.com


 

mercoledì 12 novembre 2025


Meditazione in corso!!!

Oggi e forse pure nei prossimi giorni
Bloggorai potrebbe non uscire.

Le cose cambiano.